Salute

11 milioni di italiani con meno cure Sanità non è solo fermare il Covid

di Redazione -


«La prima ondata della pandemia ha causato importanti disagi e ripercussioni a carico degli undici milioni di cittadini affetti dalle patologie di nostro interesse, cioè i pazienti oncologici, ematologici e cardiologici. Questa situazione rischia concretamente di ripresentarsi in forma ancora più grave ora, nel corso della seconda ondata. Ogni anno circa 413.000 cittadini in Italia muoiono per malattie cardiovascolari, oncologiche e oncoematologiche e 153.000 per altre patologie (respiratorie, neurologiche, endocrino-metaboliche, psichiche, gastrointestinali ed infettive), per un totale di 566.000 decessi. Il Covid ha determinato finora 45.000 morti, e per evitare che aumenti la mortalità per patologie non Covid è fondamentale garantire la continuità delle cure in totale sicurezza». Così il Prof. Francesco Cognetti, Presidente di FOCE, la Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi a margine dell’incontro fra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il Ministro della Salute, Roberto Speranza, e il Direttivo della Federazione che ha dato il via ad un Tavolo Tecnico per garantire ai pazienti più fragili la continuità di cura in emergenza Covid.

Abbiamo raggiunto il Prof. Cognetti chiedendogli di approfondire il fenomeno delle malattie gravi dimenticate a causa della pandemia, e le questioni legate al momento di stress del nostro Sistema sanitario.

Professor Cognetti, il 15 giugno scorso, attraverso l’Eurispes Magazine, ma non solo, Lei lanciava un allarme: tanti malati oncologici o cardiologici non venivano più curati a causa dell’emergenza Covid. Finalmente siete riusciti a mettere sulla strada giusta la loro assistenza?

Stiamo partendo con una serie di progetti e proposte che abbiamo già esaminato insieme con il Presidente del Consiglio ed il Ministro della Salute perché la situazione ci preoccupa molto, in quanto già durante la prima ondata si è realizzata una serie di disguidi e anche di danni ai pazienti cardiologi e oncologici, che sono stati già ben descritti in una nostra analisi. Tra i più rilevanti la sospensione e cancellazione di interventi chirurgici importanti per effetto dell’intasamento delle terapie intensive, il blocco degli screening e, per quanto riguarda il settore cardiologico, sono arrivati alle terapie intensive meno infarti – la metà – e si è già registrato l’aumento consistente della mortalità per infarto del miocardio. Adesso noi ci troviamo di fronte alla seconda ondata, nel frattempo non c’è stata una grande previsione di azioni atte a ridurre l’impatto su questi malati che, sostanzialmente, subiscono un duplice danno: se contraggono il Covid hanno un esito peggiore e hanno una mortalità maggiore rispetto ad altri pazienti, e non vengono trattati in modo adeguato alla patologia di cui sono portatori. Quindi, c’è la possibilità che la mortalità aumenti per queste patologie, ben oltre la mortalità indotta dal Covid.

Secondo Lei Professore c’è molta gente che ha smesso di curarsi per la paura del Covid?

Sì, o perché lo ha deciso – le devo dire la minoranza – o perché non ha trovato risposte adeguate. Consideri che sono stati persi complessivamente 4/5 milioni di esami e non tutti sono stati recuperati, o sono stati recuperati in parte. Molti hanno poi comportato la comparsa di tumori nella fase più tardiva. Se è vero come è vero che la diagnosi precoce dei tumori è in grado di abbattere la mortalità. Avremo tumori più avanzati e, quindi, un aumento della mortalità.

Quando pensa si potranno ricominciare a fare gli screening sia quelli oncologici che per le malattie cardiovascolari?

È un problema di organizzazione e inoltre di risorse. Abbiamo stimolato il Governo anche al reperimento di posti immediatamente fruibili per la sanità; altra problematica che abbiamo sollevato è quella della rifondazione della medicina territoriale, che ho già accennato, è uno degli elementi principali che ha prodotto questi danni. La medicina va completamente rifondata con la collaborazione, anzi la strutturazione organica degli specialisti insieme ai medici di medicina generale che non possono essere assenti e quello che sta succedendo anche nel Lazio con il ricorso al TAR è una cosa spiacevole.

Professore, in questo suo incontro ai massimi livelli, c’era il Ministro della Salute e c’era soprattutto il Presidente del Consiglio, si è mai parlato del MES?

Non abbiamo affrontato il problema del MES. Sappiamo bene che è un argomento molto caldo dal punto di vista politico. Abbiamo solo rilevato e naturalmente sollevato il problema che questi fondi devono essere di notevole entità, perché non si tratta di salvare il Sistema Sanitario Nazionale, si tratta di ristrutturarlo profondamente. I fondi devono essere immediatamente fruibili, poi è il Governo che deve decidere su quali fondi attingere, non è un problema che riguarda noi. C’è questa vulgata che il MES è un sistema rapido, immediatamente utilizzabile e che da un punto di vista economico è vantaggioso, però non siamo noi a doverlo valutare. Noi possiamo solo registrare la necessità dell’acquisizione di questi fondi.

Prima di salutarla vorrei chiederle, secondo lei, che Natale sarà?

Ma, guardi, questo discorso del Natale lo trovo un po’ fuori dalla misura. Oggi ci stiamo confrontando con una pandemia importantissima, con problemi strutturali seri che sfoceranno nella sanità e poi in problemi socio economici ancora più seri. Il Natale è fra circa un mese ed io non penso che usciremo presto da questa vicenda, per cui lo passeremo privilegiando aspetti che riguardano la dimensione religiosa e i gli affetti familiari. Per i successivi mi auguro molto meglio.

 

Emilio Albertario


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