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3:36, il ritorno ad Amatrice. Ce l’ha fatta, senza politica

Sei lunghi anni da quelle maledette 3.36 del mattino del 24 agosto 2016. Amatrice in provincia di Rieti fu distrutta dal terremoto e divenne l'emblema del sisma che aveva colpito l'alta valle del Tronto, i Monti Sibillini, i Monti della Laga e i Monti dell'Alto Aterno. Allora, i racconti in tv di comunità annichilite dalla tragedia. Oggi, quella terra parla anche di riscatto, con storie di resilienza e speranza, che restituiscono una luce dopo le macerie.

di Redazione -


“Sei lunghi anni da quelle maledette 3.36 del mattino del 24 agosto 2016. Amatrice in provincia di Rieti fu distrutta dal terremoto e divenne l’emblema del sisma che aveva colpito l’alta valle del Tronto, i Monti Sibillini, i Monti della Laga e i Monti dell’Alto Aterno. Allora, i racconti in tv di comunità annichilite dalla tragedia. Oggi, quella terra parla anche di riscatto, con storie di resilienza e speranza, che restituiscono una luce dopo le macerie.

Sul versante istituzionale, la più recente notizia è quella di 11 bandi per 700 milioni del Fondo complementare sisma al Pnrr per Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, colpite dal terremoto dal 2016 al 2019. E di altri 800 progetti per 1 miliardo e 80 milioni. Ma, purtroppo, anche di assenze antiche e presenti. “Dobbiamo registrare, purtroppo, proprio nell’anniversario del terremoto, l’assenza, al limite della latitanza, da parte dei massimi esponenti delle istituzioni. Segno di un crescente disinteresse che fa male a una comunità che ha tanto sofferto”, è la denuncia del sindaco di Amatrice, Giorgio Cortellesi, alla vigilia della ricorrenza. “Dopo anni di passerelle mediatiche e promesse elettorali, per ciò che ci riguarda, era dovere del premier Draghi partecipare direttamente, non delegare, proprio per rispetto delle 299 vittime”.

La speranza, dunque, arriva dal racconto di territori dove c’è più che una scintilla per ripartire dal senso vero delle comunità e delle economie locali. Giunge da “Alleva la speranza +”, il crowdfunding di Legambiente con Enel che ha ridisegnato alcune tessere del mosaico futuro, da Amatrice al cuore dei Sibillini e del Sirente Velino. Sono quelle raccontate da Fabio Fantusi di Amatrice, Amalia Arpini di Belforte del Chienti in provincia di Macerata e Eleonora Saggioro di Rocca di Mezzo in provincia di L’Aquila.

Fabio Fantusi vive a San Giusta, una frazione di Amatrice dove gestisce oggi un’azienda agricola con il proposito di far riscoprire le bellezze del territorio. Amalia Arpini nelle valli dei Monti Sibillini con il marito Sebastiano e la figlia Katia porta avanti l’azienda agricola e un agriturismo puntando sul biologico, coltivando lenticchie e farro e gestendo l’allevamento di ovini di razza bergamasca. Eleonora Saggioro continua a gestire, come faceva fin dal 2000, un rifugio a quota 2102 nel cuore del Parco regionale del Sirente Velino. Le loro parole guardano solo avanti, per continuare con impegno e sacrifici a non abbandonare i loro sogni.

Ad Amatrice Fabio Fantusi ha realizzato un’area attrezzata – con gazebo, tavoli e bracieri – per far tornare i turisti in un territorio, quello tra i Monti Sibillini e i Monti della Laga, che vuole riprendere a fare la sua parte nello scenario turistico-economico della regione. “Abbiamo davvero gettato il cuore oltre l’ostacolo – dice – per far innamorare di nuovo di questi paesaggi meravigliosi i turisti. Dall’alto si domina tutta la conca amatriciana fino al lago di Scandarello. Una visione tra cielo, monti e acqua unica al mondo, che vogliamo far tornare ad essere ciò che attira tante persone. Anche se questo agosto è stato un po’ sottotono, siamo convinti che passo dopo passo riusciremo ad aiutare il nostro territorio a rinascere portando sempre più turisti”. Per ogni ricostruzione, personale e umana – quello dello Stato procede a rilento – la compagna è ogni volta anche la memoria: “Quella notte dormivo con la mia compagna in una casetta vicino all’azienda. Con il mio trattore, liberai le prime strade per arrivare ad Amatrice. E poi soccorsi le persone durante tutto il giorno e continuai a cercare tra le macerie: conoscevo tante famiglie e lì avevo tanti amici. Sono rimasto con loro, fino a sera. Dopo le scosse, il nostro maneggio era una delle poche strutture rimaste ancora in piedi. Così, presto divenne la casa comune di tantissime persone: per mesi hanno vissuto da noi in 50, bambini e anziani compresi. Dormivamo, ci svegliavamo, pranzavamo e cenavamo insieme. La sera si suonava l’organetto e si dava il gelato ai bambini per non far pesare troppo i momenti tragici che stavamo vivendo. Si era creata così una grande comunità di autoaiuto: la mia compagna Roberta e sua madre per tanti giorni cucinarono per tutti, anche per i vigili del fuoco e i volontari della Protezione civile”.
Nel cuore dei Monti Sibillini nasce la storia di Amalia Arpini, che alleva ovini di razza Bergamasca allo stato semibrado, nutriti solo con alimenti biologici di produzione propria. Ora, Amalia ha realizzato la recinzione delle pecore “che permette loro di vivere al pascolo e di difenderle dall’esterno, al riparo dagli animali selvatici”. I suoi ricordi di anni difficili arrivano anche agli ultimi dell’emergenza sanitaria post-Covid: “Quella notte del 24 agosto rimase danneggiata solo l’abitazione di mia madre. I danni più gravi li avemmo con la scossa del 30 ottobre alla stalla degli ovini e alla rimessa attrezzi, che distrusse il magazzino usato per le derrate alimentare degli animali e le semine. Il Covid ha dato poi un ulteriore colpo alla nostra attività. Dopo la pandemia, è cambiato il modo di vivere, di comportarsi, e di conseguenza ci siamo dovuti adattare. Qui non è semplice, ma si guarda avanti”. E non è semplice perché sono troppi, nell’ambito della ricostruzione, i ritardi e i cavilli burocratici che assillano lei come tanti altri.

Eleonora Saggioro – l’ultima dei cittadini che Legambiente ha raccontato nel dettaglio in questa nuova stagione di rilancio dopo il sisma – gestisce il Rifugio Sebastiani a Rocca di Mezzo. Anche per lei ulteriori disagi per il Covid, i cui effetti l’hanno alla fine convinta a ridisegnare il modello di accoglienza dell’area. “Con le ordinanze per il Coronavirus – ha raccontato alla piattaforma Planbee che ha raccolto le donazioni dell’iniziativa – a marzo 2020 abbiamo chiuso. Ma i veri problemi si sono presentati quando si è trattato di riaprire. Ci siamo messi in contatto con la Regione, il Coordinamento nazionale rifugi e il Cai di Roma per capire come gestire in sicurezza l’ospitalità”. Da qui, la riformulazione degli spazi, ora mini camerette in cui ogni ospite è autonomo e sicuro.

“Alleva la speranza +” ha raccolto i contributi di circa 1000 donatori per sostenere 20 diversi progetti d’impresa: dalla ricostruzione di stalle all’acquisto di macchinari, recinzioni e mangimi, dalla creazione di aree picnic agli interventi in rifugi di montagna. Alcuni progetti sono conclusi. Elena Pascalini ad Arquata del Tronto ha fornito il suo Rifugio di una rampa per disabili. Arianna Veneri a Norcia ha rifatto la sua stalla. E Alba Alessandri a Pieve Torina ha assicurato il recinto delle sue vacche con una recinzione antilupo.


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