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Autonomia, nuovo scontro tra maggioranza e opposizione

di Domenico Pecile -


La conferenza odierna dei capigruppo dovrebbe risolvere i passaggi successivi all’iter del ddl sull’Autonomia differenziata, già approvato in prima lettura al Senato e cui ha fatto seguito lunedì una seduta alla Camera di circa 10 ore. Lo scontro tra maggioranza e opposizioni ha già fatto registrare diverse scintille. Il M5S si era affidato a un flash-mob davanti a palazzo Chigi. “Meloni da patriota sta diventando secessionista. Ma noi la fermeremo in ogni modo”, aveva giurato il leader Giuseppe Conte. Le opposizioni hanno poi contestato la regolarità dell’esame in commissione e si sono appellate al presidente Lorenzo Fontana. Che si è solennemente impegnato “a garantire l’onore della Camera” nell’esame delle grandi riforme, premierato compreso, evitando che Montecitorio debba accettare a scatola chiusa i testi che arrivano da Palazzo Madama. Ma la maggioranza fa voto di unità dopo alcune frizioni che sarebbero sfociate in una sorta di do ut des tra Lega e Fratelli d’Italia. La prima garantisce il suo ok (controvoglia) al premierato e in cambio il partito di Giorgia Meloni non pone ostacoli all’Autonomia differenziata che di certo non fa parte del dna di FdI.
Il padre della riforma, Roberto Calderoli, è tanto lapidario quanto ottimista: “Autonomia, ci siamo”. E a suffragare l’unità d’intenti del centro destra interviene anche Forza Italia, che pure inizialmente aveva qualche male di pancia. E lo fa per nome di Maurizi Gasparri intervenuto a Restart su Rai3. “Il gap tra Nord e Sud – ha spiegato – è un problema storico di questo Paese. Ancora oggi assistiamo a disfunzioni nella sanità. Per questo l’autonoma potrebbe essere una soluzione. Quindi si tratta di rafforzare il controllo diretto sull’uso delle risorse sul territorio”. Gasparri ha poi aggiunto che “se oggi in Campania il 75% delle risorse europee non viene utilizzato, l’autonomia potrebbe essere anche un stimolo per tutte le regioni, del Nord, del Centro e del Sud, ad usare meglio questi fondi, garantendo la perequazione. È una sfida facile? No, però è un banco di prova per il nostro Paese”. L’esponente azzurro ha poi ricordato che tra mille polemiche, per la prima volta si istituirono le regioni come enti territoriali nel 1970. “Poi – ha detto ancora – tra riforme, che spesso sono state bocciate, sia del centrodestra sia del centrosinistra, e referendum qualcosa si è mosso. E ora si è aperta di nuovo la discussione sul tema delle riforme, dal premierato al rafforzamento del sistema dell’autonomia, con principi di sussidiarietà interna e garanzia dei cosiddetti livelli essenziali per tutte le regioni”.
La bagarre in aula, anche a colpi di simboli (la deputata leghista, Simona Bordonali, aveva indossato una maglietta verde con la scritta “Il vento del Nord”, mentre dai banchi del Pd sventolava il tricolore), è sfociata nell’auspicio unitario della segretaria dem, Elly Schlein, la quale confida che la battaglia contro il provvedimento unisca tutte le opposizioni come accaduto sul salario minimo. “Se lo riteniamo gravissimo – aveva affermato – e noi lo riteniamo gravissimo, è un’altra battaglia da fare insieme. Smantellano l’unità nazionale come l’abbiamo conosciuta”. Alle parole della segretaria dem avevano fatto seguito quelle dell’ex premier Conte. “Con l’autonomia – aveva rimarcato – questo governo spacca il Paese e condanna le aree più depresse a maggiori tagli per quanto riguarda ospedali e servizi. Giorgia Meloni sta svendendo l’unità del Paese per avere i voti sul premierato”. Ma Daniela Morfino (M5S) si era spinta oltre accusando il governo di frantumare “la nostra Costituzione e la Nazione. E così addio alla storia del Risorgimento italiano e addio all’unità nazionale sotto un’unica bandiera”. Nell’esplosione di entusiasmo della Lega, i vari esponenti del Carroccio avevano citato il pantheon leghista, da Bossi a Maroni e fino a Salvini, tutti impegnati nella realizzazione del federalismo”, forse anche per superare lo scontro insanabile tra Bossi e l’attuale segretario.


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