PRIMA PAGINA-Toghe, una carriera contro la separazione. Colloquio con Luca Palamara
L'ex presidente dell'Anm, Luca Palamara
“I giudici sono soggetti soltanto alla legge”, così recita il secondo comma dell’articolo 101 della Costituzione. E siccome le leggi le fa il Parlamento e non la magistratura, comprese quelle che prevedono una modifica costituzionale, come dispone sempre la Carta, non solo non c’è nessun attacco all’ordinamento giudiziario, ma le polemiche dell’Anm sulla separazione delle carriere, che paventa addirittura uno sciopero contro la riforma, risultano incomprensibili se non addirittura pretestuose. Pretestuose sì, perché pur volendo attribuire una connotazione di parte alla considerazione del presidente dell’Unione delle Camere penali, Francesco Petrelli, secondo il quale “l’Anm ha assunto una posizione di totale chiusura corporativa rifiutando ogni dialogo in merito alle riforme che modifichino lo status quo”, suona decisamente strano l’abisso che separa la posizione del sindacato delle toghe da quelle di alcuni ex magistrati. Se addirittura un ‘duro e puro’ come Antonio di Pietro sembra essere rimasto fulminato sulla via di Damasco – beninteso, comunque con colpevole ritardo vista la stagione manettara che il pool di Mani pulite ha inflitto al Paese -, non meraviglia l’onestà intellettuale dell’ex numero uno dell’Anm, Luca Palamara. Raggiunto telefonicamente, gli abbiamo chiesto perché, come da sua stessa ammissione, da presidente dell’Anm avrebbe scioperato contro la riforma e, invece, oggi contesta la posizione dei magistrati. “Ho detto che da presidente Anm avrei scioperato – dice a L’identità – perché conoscendo le dinamiche interne il no alla separazione delle carriere è un mantra che viene declinato a prescindere. Oggi dico, invece, che la separazione delle carriere garantisce maggiormente il diritto di difesa del cittadino, anche perché nei fatti le carriere del pm e del giudice sono già separate”. Insomma, la protesta è strumentale, commentiamo con Palamara che, dopo aver sottolineato come “lo sciopero ancora non è stato proclamato”, pone l’accento sulla necessità di “vedere in ogni caso l’effettiva adesione che avrà, considerando che nell’ultima occasione i risultati non sono stati eccezionali. È chiaro che in ogni caso assumerebbe i connotati di uno sciopero politico considerato che in atto non vi è una rivendicazione economica”. Tornando al merito della riforma, sulle modalità di selezione dei componenti del Csm, immaginate per arginare lo strapotere delle correnti della magistratura, anche il Parlamento, che a differenza dei giudici è un organo elettivo, si è visto sottrarre la prerogativa di nominare i membri laici. “Penso che una volta introdotto il sorteggio per i togati – puntualizza Palamara – creare un sistema diverso per i laici avrebbe creato una asimmetria pericolosa dal punto di vista costituzionale. Detto questo i problemi del Csm non riguardano solo ed esclusivamente le correnti, ma inevitabilmente hanno riguardato anche il livello qualitativo di taluni esponenti della componente laica”. E a proposito di “livello qualitativo”, diventa centrale il nuovo organismo disegnato appositamente per giudicare in merito alle questioni disciplinari. “Ben venga un organo esterno ma bisogna fare molta attenzione sulla composizione di questa Alta corte”, è l’esortazione dell’ex presidente dell’Anm. “Il tema della sezione disciplinare esterna al Csm – aggiunge – era oramai diventato ineludibile, non potendosi scaricare su un organo giurisdizionale le contrapposizioni correntizie quando si tratta di valutare la vita e la carriera del magistrato. L’Alta corte risponde a questa esigenza, una sezione disciplinare esterna al Csm, come tale svincolata dalle problematiche interne, ma attenta solo a valutare la rilevanza disciplinare dei comportamenti dei magistrati in maniera terza ed imparziale”. Infine, in merito all’accusa, anche di certa parte politica, relativa a un presunto intaccamento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, abbiamo chiesto a Luca Palamara se ritiene che, invece, questi capisaldi siano stati opportunamente tutelati. “È il presupposto fondamentale di ogni altra riforma che non può e non deve mai mettere in discussione il principio dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”, ammonisce.
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