La mafia di Venezia controllava i traffici turistici al Tronchetto
Il controllo dei traffici turistici a Venezia? Un affare anche mafioso. Ma una mafia molto locale, dicono oggi giudici e Pm, con i crismi della mala che applicava un regime ferreo a fronte del quale chi sgarrava subiva pesanti conseguenze. Lo afferma con un verdetto choc la Corte d’Appello di Venezia che di recente ha condannato 15 imputati che avevano scelto il rito abbreviato, con in prima fila l’imprenditore Loris Trabujo cui sono stati inflitti 20 anni di carcere – in primo grado erano stati 12 – per essere stato al vertice di un sistema che con intimidazioni, rapine e il controllo del territorio, in particolare sulla laguna veneta, incuteva paura a molti operatori del settore turistico, che come è risaputo frutta una valanga di milioni di euro annui e che per non avere problemi pagavano “il pizzo”.
E che il turismo alimentasse un vortice di affari in odore di mafia lo sottolinea anche il Pm antimafia Giovanni Zorzi che al termine della lunga requisitoria suddivisa in più udienze ha chiesto quasi 500 anni di carcere per 52 imputati che non hanno scelto il rito alternativo (e dunque si trovano ancora in primo grado) a differenza di Trabujio e altri 11 imputati che faranno ricorso per Cassazione dopo avere incassato pena complessive per 70 anni di reclusione, e che a breve (potrebbe essere anche oggi visto che il collegio è in camera di consiglio dalle 11 di sabato scorso) conosceranno il verdetto che sarà letto dal presidente del tribunale Stefano Manduzio. Era dai tempi di Felice Maniero che la parola mafia non riecheggiava nelle aule di giustizia di Venezia per azioni criminali avvenute nella perla dell’Adriatico per quella che è definita la “mafia del Tronchetto” alimentata dai mestrini. Il Tronchetto è l’isola artificiale che nel corso dei decenni si è sviluppata a Venezia e dove trovano spazio molti servizi a sostegno del gigantesco flusso di turisti che ogni giorno prendono d’assalto la città serenissima riversando una marea di denaro. A guidare il sodalizio, sostiene la Procura antimafia, era il gruppo criminale appunto dei “mestrini” guidato oltre che da Trabujo, anche da Gilberto Boatto e Paolo Pattarello, i quali tramite i loro difensori contestano su tutta la linea le conclusioni accusatorie.
Dei 52 imputati a 18 è contestato il concorso esterno in associazione mafiosa, e tra di essi ci sono anche la compagna di Trabujio, Sara Battagliarin per la quale il Pm Zorzi ha sollecitato 9 anni di reclusione e l’ex avvocata padovana Evita Della Riccia, indicata dal magistrato inquirente come organica al gruppo mafioso perché grazie al suo ruolo istituzionale sarebbe stata il collegamento con i presunti boss quando si trovavano in carcere. Circostanza, questa, che la dott. Della Riccia respinge con forza e chiede al collegio l’assoluzione per non avere commesso il fatto. “Da anni vivo un incubo che non merito perché ho sempre svolto la mia attività di avvocato senza tradire la legge”, ha sempre detto l’ex penalista che nel verdetto cerca la riabilitazione. Il suo coinvolgimento nell’inchiesta aveva destato scalpore a suo tempo vista la notorietà della professionista. Nel corso del lungo dibattimento le difese hanno sparato anche a palle incatenate contro la Procura della Repubblica accusando gli inquirenti di avere lasciato consumare i reati, cui il Pm Zorzi ha replicato con forza: “E’ stato realizzato un miracolo di equilibrio tra la necessità di prevenzione e quella della repressione. Non è corretto dire che hanno indotto la presenza di un’associazione che non esisteva”. Fatto sta che dal dibattimento, secondo gli inquirenti, è emerso in maniera nitido quel disegno mafioso che sarebbe stato coltivato da Trabujo con Boatto e Pattarello che in passato avevano lavorato anche in stretto contatto con Maniero. Se passasse quello che per le difese è un mero teorema, ma che ha già trovato conferma in Corte d’Appello a metà giugno, ci sarebbe la riprova che sullo sfondo di Venezia a lungo hanno proliferato attività economiche inquinate dal crimine organizzato che con le estorsioni sistematiche avrebbe fissato regole mafiose. Una verità che a Venezia nessuno vuoile sentrire ripetere.
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