“Geotermica strategica anche per alleggerire la bolletta energetica”
Serve un ulteriore scatto di coraggio politico e imprenditoriale sul fronte delle rinnovabili. Come? Favorendo il trasferimento del calore dal sottosuolo in superficie. L’Italia è prima nella Ue per capacità geotermica installata e ottava al mondo, ma può fare di più perché le soluzioni tecniche prospettate al primo “Italian Geothermal Forum”, svoltosi all’auditorium della Tecnica a Roma, possono contribuire ad alleggerire la bolletta energetica. Ne è convinto Diego Righini (nella foto), amministratore delegato di Geotermia Italia, il quale chiede al governo “soluzioni rapide per un settore pronto a fare la propria parte nel futuro mix energetico del Paese”. I ministri dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Frattin e il collega delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuti all’intenso dibattito, accolgono l’invito e “nonostante negli ultimi anni il settore abbia subito un rallentamento, mantenendo però una capacita installata pressoché invariata – affermano -, il potenziale geotermico del nostro Paese e la nostra capacità produttiva rendono essenziale investire di più nel comparto”. Righini è anche presidente dell’Associazione Geotermia Zero Emissioni ed è un pioniere visto che da oltre tre lustri è in prima linea, quasi in solitario, per favorire la crescita di un settore in cui cinque regioni come Umbria, Lazio, Campania, Sicilia e Toscana hanno un potenziale di ulteriori 12 Terawatt-ora, dagli attuali 8 prodotti, da sviluppare per il 2035. “Abbiamo chiesto ai ministri la nomina di un commissario governativo alla geotermia che coordini le regioni – aggiunge Righini – per favorire la realizzazione dei progetti e venire incontro a quel mix energetico rinnovabile che farebbe risparmiare molti miliardi di euro al bilancio dello Stato”. Oggi il comparto geotermico è una cenerentola nel mix energetico, anche perché ci sono pregiudizi nel mondo dell’ambientalismo frutto di una errata informazione. L’Italia ha la potenzialità di realizzare un centinaio di centrali che sfruttano l’energia sviluppata dal calore proveniente da fonti geologiche nel sottosuolo. Geotermia Italia ha ottenuto il via libera per il primo progetto geotermoelettrico che non sia targato Enel, con un investimento iniziale di 10 milioni di euro. Sarà sviluppato in Umbria a Castel Giorgio. Si tratta di una centrale che svilupperà una emissione in rete di 5 megawattora in grado di fornire energia per 1.400 residenze civili e che a regime comporterà un investimento di 45 milioni. La geotermia coprendo tra il 3 e il 4% del budget nazionale può essere un prezioso alleato per le necessità energetiche di un Paese, per il quale con il sempre più marcato sviluppo delle reti digitali e dei datacenter, che sono fortemente energivori, gli attuali 320 terawattora di energia consumati nel 2024 potrebbero raddoppiare in termini di fabbisogno nel 2035. “Per questo diciamo che la geotermia non è sufficientemente sviluppata – osserva Righini – nonostante abbia grandi vantaggi. Pensiamo solo a scuole, ospedali e condomini. Con l’attuale produzione endotermica nei mesi freddi gestiamo uno sbalzo da 0-5° C fino a 22°, mentre in estate col raffrescamento dai 30-40°C ai 20-22°C. Invece, con una centrale geotermica, perforando fino a 100-170 metri, partiamo da un calore costante di 16-18°C, e questo comporta consumi minimi rispetto agli attuali”. Il ministro Pichetto Frattin spiega che lo sviluppo della geotermia permetterà di raggiungere più facilmente gli obiettivi di decarbonizzazione. “Se solo valorizzassimo il 2% del potenziale sul nostro territorio nei primi 5 km di profondità – dice il ministro – , la geotermia contribuirebbeal 10% della produzione elettrica prevista nel 2050”. Si spiega perché la geotermia è la chiave non solo per raggiungere i target europei di decarbonizzazione, ma anche per contribuire a sviluppare il Paese e ridurre le bollette per famiglie e imprese. Necessaria, però, è la rassicurazione dei territori interessati dagli impianti: i progetti geotermici non impattano a livello sismico e geologico. “Stiamo lavorando assieme all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – conclude Righini – per individuare i siti idonei nelle cinque regioni strategiche per sviluppare permessi di ricerca e realizzare dei posti esplorativi per superare il cosiddetto rischio minerario, che si ribalta su quello bancario legato ai finanziamenti. Abbiamo messo a punto un modello per consentire alle Regioni di indire le gare pubbliche per individuare i concessionari che realizzeranno le centrali per sfruttare il calore del sottosuolo”.
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