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Trump mette i dazi, Ferrari alza i prezzi del 10%

di Giovanni Vasso -


Trump mette i dazi, Ferrari risponde. Il Cavallino rampante ha deciso di aumentare i prezzi del 10 per cento. La decisione, annunciata da Maranello, però è ancora più ampia e riguarderà l’aggiornamento di tutta la sua politica commerciale. A fronte di obiettivi finanziari che rimangono gli stessi già fissati per il 2025, Ferrari ha deciso di lasciare inalterati i prezzi per le auto importate negli States prima del 2 aprile di quest’anno e per tutti gli ordini che riguarderanno i modelli delle famiglie 296, Sf90 e Roma, a prescindere dalla data di importazione. Sul resto della gamma, a causa delle nuove condizioni doganali ossia dei dazi che Trump ha annunciato, Ferrari riferisce che i prezzi subiranno un aumento fino a un tetto massimo stimato nel 10 per cento del totale, in coordinamento con la rete di distribuzione e dei concessionari locali.

La mossa del Cavallino Rampante ha consentito a Maranello di superare più o meno indenne la giornata nera dell’automotive in Borsa. Il titolo Ferrari, difatti, ha perduto “solo” l’1,82%. Ha fatto meglio di Iveco che ha ceduto l’1,33% mentre Stellantis, per farsi un’idea delle dimensioni del tonfo auto, ha perduto il 4,34% e, adesso, ogni azione del colosso presieduto da John Elkann vale poco meno di 11 euro (10,9). Non è andata meglio, in giro per l’Europa, alle altre grandi case automobilistiche. In Germania è stata un’ecatombe: Mercedes Benz cede il 3,88%, Volkswagen il 2,32%, Bmw il 2,83% e Porsche il 3,42%. In Francia, invece, è andata molto meglio a Renault che ha guadagnato poco meno di mezzo punto percentuale (+0,40%) ma solo perché il gruppo non è esposto granché sul mercato Usa. Dove, però, le reazioni sono state contrastanti. A Wall Street, infatti, Tesla guadagna l’1,83%. Un dato che risente anche delle perdite subite nei giorni scorsi, e del conseguente rimbalzo, e delle speranze degli investitori che la “chiusura” del mercato statunitense ai marchi esteri possa ridare slancio alle vendite. Una considerazione, però, che non basta a dare smalto alla corsa dei competitor Usa. Ford, ad esempio, ha ceduto poco più del 3% mentre General Motors ha registrato un autentico tonfo pari a poco meno dell’8% (-7,93%).


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