Cronaca

Pentito svela i killer dell’interista Boiocchi e la mafia di San Siro

di Ivano Tolettini -


Andrea Beretta, uno dei capi della Curva Nord dell’Inter, si è pentito ed ha vuotato il sacco: ai magistrati antimafia della Procura di Milano ha svelato di avere pagato 50 mila euro ai due killer che assassinarono lo storico leader ultrà interista Vittorio Boiocchi. Il 50enne Beretta con la scelta di campo di pentirsi, ha scelto l’unica strada per non passare il resto della vita dietro le sbarre, dopo che lo scorso 4 settembre era stato arrestato dalla questura milanese per l’uccisione di un altro interista, Antonio Bellocco di 36 anni, personaggio di primo piano della criminalità organizzata calabrese a Milano, perché componente della famiglia originaria di Rosarno. A Cernusco sul Naviglio, all’esterno di una palestra, Bellocco aveva sparato a Beretta (nella foto), che era riuscito a evitare i colpi e quindi accoltellò a morte il rivale nella sua automobile. Da quel momento le indagini, come spiega il Procuratore capo Marcello Viola, avevano subito un’accelerazione visto che sullo sfondo si muovevano affari e crimine organizzato nella gestione delle curve di San Siro, sia dell’Inter che del Milan, oltre che dei parcheggi nel perimetro di uno dei templi mondiali del calcio. Il 30 settembre Beretta era stato destinatario di un’ordinanza di custodia assieme ad altre 18 persone, in quella che il Procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, definì la “deriva criminale degli stadi italiani e i tentativi di condizionamento mafioso della vita delle società calcistiche”. La Pm antimafia della Distrettuale, Alessandra Dolci, in quella occasione spiegò che “ci sono agli atti conversazioni da cui emerge un confronto fra ultras e dirigenti dell’Inter”, le figure incaricate dalle società di “intrattenere i rapporti con la tifoseria”. Ieri pomeriggio, a proposito della nuova ordinanza a carico di Beretta e di altre cinque persone coinvolte nell’omicidio di Boiocchi il 29 ottobre 2022 nel quartiere milanese di Figino, emerge come il delitto affonda nel contesto di una “guerra” legata alla gestione trasversale degli spazi di San Siro, dentro e fuori lo stadio, come scrive la gip Milano Daniela Cardamone. Le indagini condotte dalla Squadra mobile, coordinata dai pm Paolo Storari e Sara Ombra, hanno consentito l’arresto grazie alla chiamata in correità di Beretta, degli interisti Marco Ferdico, anche lui nel direttivo della Nord, di suo padre Gianfranco Ferdico e di un altro ultrà Cristian Ferrario. Sono stati catturati anche i due presunti esecutori materiali, come sono indicati dal collaboratore Beretta, Pietro Andrea Simoncini, legato alla ’ndrangheta, e Daniel D’Alessandro. Sarebbero stati ingaggiati per 50 mila euro. Il Procuratore Viola afferma che l’inchiesta ha permesso di ricostruire “tutti i fatti di sangue attorno alle dinamiche del tifo delle curve di San Siro”. Gli inquirenti sottolineano che la maxi inchiesta ha azzerato il tifo organizzato sia del Milan che dell’Inter. Mancherebbe ancora qualche tassello, spiega Viola, come il “secondo esecutore materiale” del tentato omicidio del capo ultras rossonero, Enzo Anghinelli, nel 2019. Per questo fatto di sangue è in carcere ed è a processo il capo ultras del Milan, Luca Lucci. Gli agenti della Squadra mobile meneghina hanno scoperto che tra gli indizi nei confronti del presunto killer Daniel D’Alessandro, c’è il tatuaggio di una lacrima sul suo viso. Infatti come hanno scritto nella richiesta di cattura i magistrati, “rispetto alla sua figura e in relazione a eventuali segni distintivi della figura di colui che ha provveduto a perfezionare l’omicidio di Vittorio Boiocchi, il mandante e chiamante in correità Andrea Beretta, oggi collaboratore di giustizia, ha fornito un elemento probatorio individualizzante, ovverosia l’autore materiale ha provveduto a tatuarsi sul viso una lacrima, segno distintivo che secondo la simbologia connessa al tatuaggio, farebbe solo colui che avrebbe commesso un omicidio”. “La lacrima è sinonimo di chi uccide un uomo – confessa Beretta al pm Storari -. Avevo visto questo tatuaggio e avevo percepito che era successo qualcosa, cioè che avevano cambiato i piani, e a fare fuoco è stato Bellebuono, il soprannome di Daniel D’Alessandro”. Lui e Pietro Andrea Simoncini sono indagati in stato di custodia cautelare come gli “esecutori dell’omicidio” per il quale sono stati ingaggiati da Beretta con gli ormai noti 50 mila euro. L’omicidio era stato commissionato per ragioni economiche “per eliminare Boiocchi che era stato fino a quel momento il leader della curva Nord dell’Inter, perché volevo prendere il suo posto e dividere i profitti”.


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