VERDE COME I DOLLARI – Make America “Poor” Again
Donald Trump ha promesso di rendere l’America di nuovo grande. Tuttavia, la sua politica di imporre dazi elevati sulle importazioni cinesi rischia di ottenere l’effetto opposto: impoverire ulteriormente molti americani, in particolare quelli delle classi media e bassa che costituiscono una parte significativa della sua base elettorale. Negli ultimi decenni, una vasta gamma di beni di consumo acquistati quotidianamente dagli americani — dall’elettronica all’abbigliamento, dagli elettrodomestici ai giocattoli — sono stati prodotti a basso costo in Cina. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno importato merci dalla Cina per un valore di circa 438,9 miliardi di dollari. Questi prodotti a basso costo hanno permesso alle famiglie americane di mantenere un certo tenore di vita nonostante la stagnazione dei salari. La democrazia americana è infatti basata sul consumismo sfrenato più che sul voto: l’americano medio considera il centro commerciale la vera cabina elettorale. E questa democrazia dei consumi è stata possibile grazie alla produzione cinese. Ma l’imposizione di dazi fino al 145% sulle importazioni cinesi avrà un effetto diretto immediato: l’aumento dei prezzi al consumo. Le aziende americane, costrette a pagare di più per importare beni dalla Cina, trasferiranno questi costi aggiuntivi sui consumatori. Ad esempio, nel settore dei giocattoli, dove il 77% dei prodotti venduti negli Stati Uniti proviene dalla Cina, i prezzi potrebbero più che raddoppiare, rendendo i regali natalizi inaccessibili per molte famiglie. Un obiettivo dichiarato dell’amministrazione Trump è riportare la produzione negli Stati Uniti. Tuttavia, questo processo presenta sfide significative. Il costo del lavoro negli Stati Uniti è notevolmente più alto rispetto a quello cinese. Il costo orario del lavoro manifatturiero in Cina è stimato a circa 6 dollari, mentre negli Stati Uniti supera i 25 dollari. Questa disparità si traduce in costi di produzione più elevati per le aziende che scelgono di produrre negli Stati Uniti. Un caso emblematico è quello di Apple. L’azienda assembla oltre l’80% dei suoi prodotti in Cina, sfruttando una forza lavoro numerosa e specializzata. Gli esperti stimano che produrre un iPhone interamente negli Stati Uniti potrebbe aumentare il costo del dispositivo di almeno il 25%, passando da 1.199 a circa 1.500 dollari. Questo incremento di prezzo sarebbe difficilmente sostenibile per molti consumatori. L’aumento dei prezzi dei beni di consumo colpisce in modo sproporzionato le famiglie a basso e medio reddito, che destinano una parte maggiore del loro budget a questi prodotti. Secondo il Yale Budget Lab, i dazi potrebbero costare alla famiglia americana media circa 4.689 dollari in più all’anno. Senza considerare poi che, se gli americani volessero davvero riportare la produzione cinese in America, dovrebbero tornare a formare milioni di sarti, assemblatori e saldatori sottopagati da far lavorare in cantine e sottoscala. I dazi possono aver senso se l’obiettivo è migliorare la qualità del lavoro e del rispetto per l’ambiente, tassando prodotti basati sullo sfruttamento e sull’inquinamento. Oppure possono essere utili per cambiare abitudini di consumo nocive per la salute. Nel caso di Trump, invece, le barriere tariffarie portano soltanto ad una guerra tra poveri, perché ai ricchi importa poco dell’aumento dei prezzi di beni di lusso. Presto le classi medio-basse americane, che hanno votato in massa per Trump, si sveglieranno in un incubo dal quale non usciranno con facilità.
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