I paletti che il governo italiano ha messo sull’Ops per Banco Bpm con la golden power fanno storcere il naso a Unicredit che, però, non potrà che fare buon viso a cattivo gioco. Almeno se vorrà portare a termine la sua missione nel grande risiko bancario in atto in Italia. Le prescrizioni impongono a Orcel di muoversi con circospezione: “Unicredit non è in grado di prendere alcuna decisione definitiva sulla strada da seguire in merito all’offerta, si tratta di vincoli sulle modalità di gestione delle future attività creditizie e della liquidità dell’entità combinata, sul diritto di cedere partecipazioni e di gestire in modo appropriato gli asset in gestione di Anima e sulle attività di UniCredit in Russia”. L’intenzione rimane “di mantenere o incrementare l’esposizione dell’entità combinata alle pmi e di supportarle ulteriormente con le proprie fabbriche prodotto di eccellenza”. Inoltre, UniCredit fa sapere che “continuerà a gestire gli asset in gestione dei suoi clienti nel loro migliore interesse e si impegna a continuare a ridurre la propria presenza in Russia, già diminuita del 90% circa negli ultimi tre anni, in linea con la decisione della Bce”. La vicenda verrà risolta nell’unico modo possibile: il dialogo, il confronto tra piazza Gae Aulenti e Palazzo Chigi. Gli esperti giurano che i margini per una trattativa ci siano, sta ai protagonisti adesso verificare se ci sarà la volontà di andare avanti oppure no. Sullo sfondo c’è (anche) la vicenda Mps-Mediobanca. Unicredit lamenta una sorta di disparità di trattamento proprio sulla decisione legata alla golden power: “L’uso dei poteri speciali in un’operazione domestica tra due banche italiane non è comune e non è chiaro perché sia stato invocato in relazione a questa specifica operazione, ma non per le altre operazioni simili attualmente in corso sul mercato italiano”. Il confronto ci sarà mentre inizia il valzer delle ragioni (e dei torti).