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Venezia, “palude” di bugie sui Pili: Brugnaro reagisce

di Ivano Tolettini -


La “Palude” dei Pili, dal nome dell’inchiesta che l’anno scorso ha terremotato il Comune di Venezia, sta per arrivare alla prova dell’aula. Il 16 maggio l’ex assessore Renato Boraso, arrestato la scorsa estate, dovrebbe patteggiare 3 anni 10 mesi di reclusione. Assieme a lui scenderanno a patti anche gli imprenditori che lo hanno oliato e che finirono ai domiciliari. Per potere uscire dal processo, però, Boraso dovrà avere raccolto 400 mila euro da versare come sanzione allo Stato. Nel frattempo, in attesa che i Pm Terzo e Baccaglini decidano se chiedere il rinvio a giudizio o meno delle 34 persone che a febbraio hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per molteplici ipotesi di accusa contro la Pubblica amministrazione, fanno discutere le dichiarazioni del magnate Ching Chiat Kwong di Singapore al Corriere Della Sera, con le quali ha sparato a palle incatenate contro il sindaco Brugnaro (nella foto): “Non parlava chiaro, voleva solo vendermi i terreni”. A Venezia e sulle isole, dal Lido a Murano, da Burano al Torcello, per finire a Sant’Erasmo e le Vignole, per citare solo le più conosciute, ci sono vincoli dappertutto. Paesaggistici, ambientali e naturalmente architettonici. È probabilmente la più bella città del mondo, ma se avete una proprietà e dovete fare dei lavori, anche minimi, dovete armarvi di santa pazienza. I tempi sono lunghi, anche solo per abbattere una pianta e metterne a dimora un’altra. Ebbene, come il tycoon cinese Kwong, che rischia il processo per il presunto tentativo di corruzione del sindaco-imprenditore Luigi Brugnaro per l’acquisto dell’area dei Pili a fianco del Ponte della Libertà, non lontano dal polo chimico-industriale di Marghera, e che nelle ipotetiche trattative era affiancato da fiori di consulenti, visto che si parlava di milioni di euro come noccioline, possa affermare “mi ha deluso la totale mancanza di trasparenza da parte del proprietario dei terreni di Porto Marghera; se ci sono dei limiti urbanistici o dei gravi problemi di inquinamento si doveva chiarire subito. E qui, invece, sono stati tenuti nascosti per anni” è abbastanza strano. Ma davvero Kwong pensava che a due passi del Ponte della Libertà, adiacente alla laguna veneta, avrebbe potuto tirare su palazzi di 100 metri a destinazione abitativo o alberghiero senza che ci fossero problemi di inquinamento, visto che a Marghera da 108 anni c’è uno dei principali poli chimici d’Italia? Se non lui, i suoi professionisti che sono pagati per questo, davvero non lo potevano immaginare, visto che basta navigare nella rete per scoprirlo? In attesa che i giudici stabiliscano effettivamente quello che è successo, sia per palazzo Papadopoli – che il magnate avrebbe acquistato secondo la Procura a prezzo di saldo: 10,7 milioni anziché i 14 periziati -, che per l’area dei Pili acquistata dalle società di Brugnaro nel 2006 per 5 milioni e per la quale Kwong avrebbe dovuto sborsare dapprima 85 milioni e poi 150 milioni (ma è davvero così?), ci sono anche le parole grondanti amarezza del sindaco Brugnaro, il cui mandato scadrà in ottobre, che ripete in tutte le salse che “ho agito solo per aiutare Venezia e che sono estraneo a tutte le accuse: un sacco di gente racconta bugie per colpirmi e ferirmi”. Sotto inchiesta sono finiti anche Morris Ceron, direttore generale del Comune, capo di gabinetto e da una vita in simbiosi professionale con Brugnaro e Derek Donadini, vice capo di gabinetto e altro uomo di fiducia del sindaco. Brugnaro ha più volte ripetuto che le parole del grande accusatore Claudio Vanin, che nelle trattative tra Kwong e il Comune avrebbe avuto inizialmente un ruolo prima di essere scaricato e non pagato, sono state prese come il Vangelo dai magistrati, mentre la verità dei fatti è diversa. “Non ho mai parlato dei Pili in Comune e non sono mai andato negli uffici comunali a spingere qualcosa, mai” dice il primo cittadino, che reclama la buona fede perché dallo scorso luglio osserva di avere subito uno “sputtanamento incredibile” per poi scoprire che “sono stato indagato per 22 mesi senza alcuna proroga delle indagini in violazione delle norme del codice di procedura penale, per questo i miei legali hanno chiesto l’archiviazione”. Per contro il tycoon di Singapore afferma che negli incontri Brugnaro gli avrebbe detto che “sull’area potevo fare quello che volevo e nessuno mi parlò di bonifiche”. Ma davvero questa ricostruzione è attendibile? “Comunque l’area dei Pili è ancora delle mie società e a Kwong non è stato promesso nulla”, chiude il sindaco.


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