I primi cento giorni di Trump
I primi cento giorni di Donald Trump alla Casa Bianca hanno profondamente cambiato il panorama globale, smantellando i già fragili equilibri internazionali senza ancora costruire nulla di nuovo. Il tradizionale bilancio di inizio mandato si traduce per Trump in un giudizio decisamente negativo, soprattutto sul piano internazionale, ma anche in patria iniziano a emergere forti incertezze e timori per il futuro. Il malcontento americano nasce in particolare dalle scelte economiche del presidente. Con le sue politiche sui dazi, Trump ha destabilizzato i mercati, le borse e persino i fondi pensione, toccando gli interessi vitali dei cittadini americani. Nonostante l’ottimismo ostentato dal tycoon e i continui appelli alla speranza, il mondo osserva con crescente preoccupazione le decisioni provenienti da Washington. Sul piano internazionale, Trump ha logorato il rapporto storico tra Stati Uniti ed Europa, messo in difficoltà l’Ucraina aumentando l’incertezza sul futuro sostegno americano, riaperto un dialogo con Vladimir Putin che la precedente amministrazione Biden aveva interrotto dopo l’invasione russa. Ha inoltre peggiorato i rapporti con la Cina sia a livello economico che politico e modificato gli equilibri in Medio Oriente, con un appoggio incondizionato al governo israeliano di Netanyahu e un negoziato fallimentare su Gaza. Le sue politiche economiche hanno ulteriormente alimentato l’instabilità: l’imposizione di dazi su larga scala, accompagnata da dichiarazioni contraddittorie e continui cambiamenti di rotta, ha messo in fibrillazione mercati finanziari che, per loro natura, si basano su certezze e prevedibilità. La conseguenza è stata un’instabilità permanente, riflessa anche nei portafogli degli americani ai quali Trump aveva promesso una rinascita economica, dimenticando che gli Stati Uniti già producono da decenni oltre un quarto del PIL globale. Oltre all’economia, Trump ha rivoluzionato la narrativa politica, indebolendo i legami storici con l’Europa e mettendo sotto pressione i principi fondanti delle democrazie occidentali. Qualche timido segnale di cambiamento si intravede nell’incontro con Zelensky a Roma e in un apparente irrigidimento nei confronti di Putin, ma resta ancora molta incertezza sul futuro. Al momento, gli attacchi ai “parassiti” europei, il riavvicinamento a Mosca, le politiche protezioniste, la dura lotta all’immigrazione clandestina e i numerosi fronti legali aperti delineano un cambiamento radicale dell’America. Dopo solo cento giorni, il volto degli Stati Uniti appare già profondamente trasformato.
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