Primo Piano

Restituito il corpo senza organi della giornalista ucraina Viktoriia Roshchyna

di Redazione -


La giornalista ucraina Viktoriia Roshchyna, scomparsa nel 2023 mentre indagava su abusi nei territori occupati dalla Russia, è morta durante la prigionia. Lo rivela un’inchiesta condotta da un consorzio di testate internazionali – tra cui The Guardian, Washington Post e Ukrainska Pravda – secondo cui il corpo restituito all’Ucraina nel febbraio scorso mostrava evidenti segni di tortura, oltre alla rimozione di alcuni organi interni. Secondo i medici legali citati dai procuratori ucraini, sul corpo erano presenti “numerosi segni di maltrattamenti”, inclusi una costola fratturata, ferite al collo e “possibili segni di scosse elettriche sui piedi”, come riferito da Yuriy Belousov, a capo dell’unità per i crimini di guerra dell’ufficio del procuratore generale. Nonostante l’identificazione tramite test del Dna, il padre della giornalista ha espresso dubbi sull’identità del corpo e ha chiesto ulteriori analisi. Roshchyna, 27 anni, collaborava con Ukrainska Pravda e Hromadske. Era tra le poche reporter ucraine a recarsi nei territori occupati, per documentare presunti crimini commessi dalle forze russe. La sua scomparsa risale al 2023, mentre indagava nel sud-est del Paese. È la prima giornalista ucraina nota ad essere morta in una prigione russa. Secondo l’inchiesta, Roshchyna avrebbe trascorso gran parte della sua detenzione nel carcere Sizo-2 di Taganrog, nella Russia meridionale, uno dei centri in cui sono stati reclusi migliaia di civili ucraini dall’inizio del conflitto, spesso senza capi d’accusa formali né contatti con l’esterno. Il ministero degli Esteri ucraino ha lanciato un appello alla comunità internazionale, chiedendo una risposta decisa. “La questione degli ostaggi civili rapiti e detenuti dalla Russia richiede attenzione immediata e una reazione forte”, ha dichiarato il portavoce Georgiy Tykhy. La morte di Roshchyna solleva nuove, gravi accuse contro Mosca sul trattamento dei prigionieri civili e conferma i rischi estremi affrontati dai giornalisti nei territori occupati.


Torna alle notizie in home