Decreto Sicurezza, avanti tra le polemiche
Le forti polemiche, politiche e non solo, che ruotano attorno al decreto Sicurezza non accennano a placarsi, anzi sembrano destinate ad acuire ancora di più lo scontro. Al centro del dibattito, i cui toni sono a tratti particolarmente forti, sia il merito del provvedimento che il metodo utilizzato dal governo per mettere in campo le nuove misure. Il testo era infatti nato come un disegno di legge, la cui approvazione era dunque soggetta a un iter ordinario. Il provvedimento aveva anche già superato il vaglio della Camera, ma mentre era all’esame del Senato, dopo una discussione parlamentare durata circa un anno e mezzo, lo scorso 4 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che sostanzialmente ne ricalca il contenuto. La mossa sarebbe stata dettata dalla necessità di convertire celermente in legge le nuove norme, tanto più alla luce della lentezza che ha contrassegnato il dibattito del testo presentato alle Camere a inizio del 2024. Lentezza dovuta a differenze di vedute e divisioni che su alcune specifiche previsioni hanno investito anche gli stessi partiti di maggioranza. Ma la scelta di procedere con un decreto, che per sua natura ha limiti temporali ben precisi e il cui esame gode di corsie preferenziali nella calendarizzazione delle sedute parlamentari proprio per la necessità che la conversione avvenga entro 60 giorni, ha scatenato la dura reazione dell’opposizione e di diversi giuristi. Ad unirsi al coro delle critiche è stata anche l’Unione delle Camere penali secondo cui il decreto non avrebbe “alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone”. I penalisti, che pure in altre occasioni, su tutte i numerosi momenti di confronto sulla riforma della giustizia, hanno difeso l’attività del governo, in questa circostanza hanno addirittura proclamato uno sciopero di tre giorni. Sul fronte politico, invece, dopo giorni di critiche tutt’altro che velate, ieri lo scontro è culminato con l’iniziativa i Riccardo Magi, segretario di +Europa, che ha annunciato “un ricorso alla Corte costituzionale per conflitto d’attribuzione tra i poteri dello Stato”. Ma al di là delle questioni metodologiche, ad essere contestata non è solamente la scorciatoia imboccata dal governo, ma anche il contenuto stesso del decreto che introduce 14 nuovi reati e inasprisce le pene per altri nove. Particolarmente discusse sono poi le misure tese ad aumentare le tutele per le forze dell’ordine, spesso prese di mira durante proteste organizzate o manifestazioni nel corso delle quali la situazione sfugge di mano. Un punto quest’ultimo difeso a spada tratta dalla maggioranza. Il presidente del gruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, bolla infatti come “ridicole e pretestuose le osservazioni di chi è contro il decreto Sicurezza. Sia che si tratti di professionisti, di magistrati o di politici della sinistra, che sono dalla parte di chi semina violenza nelle città. Bisogna tutelare il popolo in divisa. Che osserva con amarezza chi si sta schierando contro norme che tutelano carabinieri, poliziotti e guardia di finanza, che ogni giorno contano feriti a causa delle violenze dell’estrema sinistra nelle piazze d’Italia”, tuona l’esponente azzurro. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari ribadisce l’intenzione del governo di proseguire nel solco del percorso avviato e ribadisce che “la Lega non fa passi indietro: il decreto Sicurezza sarà rapidamente convertito in legge e a giovarsene saranno tutti i cittadini perbene come pure le nostre Forze dell’ordine”. Stessa linea anche da Fratelli d’Italia con la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro che ha parlato del decreto Sicurezza come di “un altro impegno mantenuto dal governo Meloni, che mette al centro la tutela dei cittadini, soprattutto dei più fragili”.
Torna alle notizie in home