“La donna della domenica”, in mostra uno spaccato torinese 50 anni dopo
Ultima settimana per visitare al Circolo del Design di Torino, via San Francesco da Paola 17 (lunedi/venerdì dalle 14 alle 19) la mostra “La donna della domenica: una signora città”. In collaborazione con la Fondazione Mondadori è il quarto appuntamento di “Archivi d’Affetto”, un progetto dedicato “all’amore incondizionato di F&L per Torino”, ideato da Maurizio Cilli e Stefano Mirti. L’esposizione è curata da Domenico Scarpa, grande conoscitore della “ditta”, come amavano definirsi gli scrittori Carlo Fruttero e Franco Lucentini.
La mostra non riguarda tanto il libro, pubblicato nel 1972, ma il film tratto dallo stesso, uscito nel 1975. Ricorrono quindi 50 anni dalla prima proiezione del lungometraggio “La donna della domenica” (a Torino sullo schermo dello scomparso cinema Cristallo di via Goito), opera di Luigi Comencini, colonna sonora di Ennio Morricone. E che squadrone di attori: Marcello Mastroianni, Jean-Louis Trintignant Pino Caruso, Claudio Gora, Aldo Reggiani, una straordinaria Lina Volonghi. E, naturalmente, la bellissima Jacqueline Bisset nei panni di Anna Carla Dosio, la protagonista femminile. Il cui “lato B” apparso nella pellicola però, pare non fosse il suo per clausola contrattuale.
L’esposizione ci porta nel mondo culturale, architettonico e sociale della Torino di allora attraverso i taccuini degli autori, fotografie, pezzi d’archivio e cinematografici. Una città elegante, misteriosa e sospettosa ieri come oggi. Borghese, riservata, culla di tensioni sociali e fermenti culturali. Sotto la lente di ingrandimento di Fruttero e Lucentini vengono messi a fuoco le ipocrisie borghesi, il contrasto tra i quartieri eleganti e le periferie, quel perbenismo così “sabaudo” vero o presunto che sia.
Nelle sale espositive ci si aspetta di veder spuntare all’improvviso il perfido architetto Garrone (“un fallito, un falso invalido di guerra, uno scroccone mantenuto dalla madre e dalla sorella”) il cui assassinio dà il via al celebre libro, il primo “noir” all’italiana. Oppure la già citata borghesissima Anna Carla esclamare balzando dal letto del commissario Santamaria: “oh, mipovradona” (“mia povera donna”). E proprio “mipovradona” sembra si sarebbe dovuto intitolare l’opera letteraria dell’affiatatissimo duo di scrittori, il cui sodalizio durò mezzo secolo.
Il 10 maggio, ultimo giorno di apertura, da non perdere per gli estimatori del genere la visita guidata di Torino che toccherà i luoghi del romanzo.
Cristiano Bussola ilTorinese.it
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