Unicredit e quel segnale di Giorgetti alle banche
Il ministro dell Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi sulla manovra economica, Roma, 16 ottobre 2024. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Il rapporto tra economia e politica è fatto di sguardi, di parole, di segnali; quelle del ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti, pronunciate ieri mattina alla 58esima riunione annuale della Banca di sviluppo asiatica (Adb), a proposito dell’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banco Bpm, solo all’apparenza possono sembrare ciò che vorrebbero significare. Il risiko bancario interessa, eccome, il titolare del Mef. E non potrebbe essere altrimenti. Tutti i Paesi guardano ai loro “campioni” e alle vicende che li riguardano. Tutti gli Stati, come l’Italia appunto, si sono dotati di normative dedicate proprio al dialogo con l’economia e con i suoi prim’attori. La Golden Power, insomma, non se l’è inventata (questo) governo. Ma il suo utilizzo sul caso Unicredit-Banco Bpm ha innescato più di una polemica che, come era ovvio che fosse, ha inciso sulle grandi manovre del settore, meglio conosciute in queste convulse settimane fatte di annunci, assemblee ordinarie e straordinari, come risiko bancario. “Facciano ciò che vogliono”, ha detto Giorgetti parlando della vicenda Unicredit-Banco Bpm. Parole, queste, che sono state pronunciate a commento delle indiscrezioni giunte da piazza Gae Aulenti secondo cui l’istituto bancario guidato da Andrea Orcel starebbe pensando di sfilarsi dall’affare. I paletti troppo stretti imposti dal governo, la netta e irriducibile contrarietà espressa dai vertici dell’ex Popolare di Milano starebbero inducendo la seconda banca italiana a dar forfait per concentrarsi meglio, magari, sull’operazione Commerzbank. Dove, come fin troppo noto, Unicredit non ha trovato un ambiente disposto a stenderle tappeti rossi, dalla politica fino ai vertici della banca (quasi ex) partecipata di Stato. Insomma, le parole di Giancarlo Giorgetti tutto sono tranne che un richiamo al laissez-faire.
Ma quella che riguarda Unicredit e Banco Bpm non è l’unica Ops che sta interessando il mercato finanziario italiano. Anzi. L’ultima, in ordine di tempo, è quella lanciata da Mediobanca su Banca Generali. Una mossa, sussurrano quelli che la sanno lunga, che tenderebbe ad allontanare un’altra offerta pubblica di scambio, quella proposta da Monte dei Paschi proprio su Mediobanca. Intanto, però, a piazzetta Cuccia ci si organizza per l’assalto alla banca del Leone. Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, ha parlato delle mosse che l’istituto di credito intende mettere in campo e lo ha fatto durante una convention della stessa banca tenutasi a Torino. La sua posizione è centrale e decisiva poiché Mediolanum detiene il 3,49% del capitale di Mediobanca e rientra in un accordo di consultazione che garantisce confronto tra i soci senza, però, vincolarli in sede di voto. Doris sa di avere molti, se non tutti, riflettori puntati addosso. “Banca Mediolanum convocherà un consiglio di amministrazione ad hoc per decidere come votare sull’ops di Mediobanca su Generali e per valutare l’offerta di Mps su Mediobanca. Su come voteremo ne discuteremo, come anche per quanto riguarda il tema di Mps su Mediobanca, se accettarla o non accettarla, in due consigli di amministrazione ad hoc, di Banca Mediolanum e Mediolanum Vita entro il 16 giugno perché sono le due che detengono la partecipazione in Mediobanca”. Quel che è certo, per l’ad Mediolanum, è che le due Ops non sarebbero incompatibili tra di loro: “Le due offerte, di Mediobanca su Banca Generali e di Mps su Mediobanca, sono compatibili . Più che rispondere io ha risposto Lovaglio dicendo che anzi l’operazione diventa ancora più interessante per cui questo lo decide chi ha lanciato l’offerta”. Ma non basta, perché Massimo Doris sembra poco intenzionato a mollare la sua partecipazione in Mediobanca: “Penso di sì, credo che rimarremo soci anche se saranno ancora più concorrenti nostri. Lo sono diventati quando hanno creato CheBanca!, lo sono diventati ancora di più con la trasformazione in Mediobanca Premier”. Nulla, però, è scontato specialmente in tempi di grossi movimenti in ambito bancario e creditizio: “Non penso che cambieremo ma di certo i due cda saranno chiamati a valutare molto bene perché ci sono due grossi cambiamenti in atto”. Infine, Doris si schermisce davanti a chi gli chiede di sbilanciarsi su quale sarà l’esito delle due Ops: “Se andranno a buon fine tutte e due le operazioni, una sola o nessuna? Non lo so”.
Intanto si muove qualcosa, nello scenario bancario, ma a livello europeo. Il 49% della filiale polacca della spagnola Banco Santander è stato ceduto per 6,8 miliardi di euro agli austriaci di Erste Banca. Nell’accordo rientra anche il 50% della gestione patrimoniale in Polonia per circa 200 milioni di euro. L’operazione sarà pagata tutta cash: di 584 zloty per azione (136,5 euro), valutando la banca 2,2 volte il suo valore contabile tangibile per azione alla fine del primo trimestre del 2025, escluso il dividendo annunciato di 46,37 zloty (10,84 euro) per azione, e 11 volte i suoi utili del 2024.
Torna alle notizie in home