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LA FILIPPICA – Conclave: tutti esperti, ma quasi mai ci indovinano

di Alberto Filippi -


LA FILIPPICA – Conclave: tutti esperti, ma quasi mai ci indovinano – Devo dire che non essendo più giovanissimo mi colpisce, a ogni morte di Papa, l’interessantissimo quanto abbastanza sterile giochino del toto-successore fatto solo ad uso e consumo dei lettori di giornali, ma la cui efficacia francamente mi sfugge. Anche perché, se pensiamo ai conclave di cui ho memoria, vale a dire dall’elezione di Albino Luciani nel 1978 a quella di Jorge Bergoglio nel 2013, solo quello di Joseph Ratzinger era davvero scontato, mentre gli altri hanno sempre avuto una dose di sorpresa. Soprattutto quello di Karol Wojtyla, il Papa venuto dall’Est che ebbe un ruolo, assieme al 40° presidente americano Ronald Reagan, fondamentale in epoca di Guerra Fredda a contribuire ad abbattere il muro comunista. Dunque, se sappiamo che servono 90 voti, cioè i due terzi delle preferenze dei 133 cardinali elettori, a grandi linee la scelta dello Spirito Santo – così almeno si dice – dovrebbe orientarsi su questa rosa di probabili papabili: Pietro Parolin, Pierbattista Pizzaballa e Matteo Maria Zuppi per rimanere agli italiani; l’ungherese Pèter Erdo, il filippino Luis Antonio Tagle, lo spagnolo Juan Josè Omella e il potenziale primo Papa nero Fridolin Ambongo, congolese arcivescovo di Kinshasa, il quale però avrebbe il limite – sempre stando ai si dice – di negare l’esistenza dei gay in Africa. Così si affrettano a scrivere i solerti vaticanisti, cioè gli esperti del mondo cattolico, che mi danno l’impressione di appartenere a una ristretta cerchia di conoscitori di particolari segreti, come succedeva con i cremlinologi al tempo dell’Unione sovietica, che però non ci beccavano quasi mai. Che poi, rimanendo alla Russia, non è tanto diverso dall’universo putiniano perché anche oggi chi ci capisce qualcosa della stratificazione del potere a Mosca è bravo.
Tornando al toto-papa, dovremo attendere ancora pochissimo per la prima fumata dalla Sistina, prevista per la serata di domani, quando cominceranno ad accalcarsi in piazza San Pietro decine di migliaia di fedeli in attesa che il fumo bianco restituisca alla Chiesa il suo nuovo pontefice. Intanto, apprendiamo che i cardinali nelle congregazioni oltre che conoscersi tutti e pregare invocando la saggezza e la divinità dello Spirito Santo, studiano i conti dello Stato Vaticano che non sono proprio buoni. Anche dalle parti di Santa Marta bisogna fare la spending review, l’esame della spesa, perché lo sbilancio tra entrate e uscite è abbastanza pronunciato e la carità dei fedeli non è sufficiente per far fronte a un disavanzo di 78 milioni nel 2022, 83,5 milioni nel 2023 e di 87 milioni l’anno scorso. E il preventivo per la corrente gestione dei conti vaticani è ancora più in rosso. Insomma, se il papabile che entrerà nella cappella Sistina per l’extra omnes con il pacchetto di maggiori voti potrebbe – condizionale d’obbligo – essere il vicentino Parolin, apprezzato segretario di stato decaduto con la morte di Francesco (per lui si parla di 40-50 preferenze certe), la votazione per il successore di Pietro si annuncia quanto mai complessa perché nella storia non c’è mai stato un così gran numero di cardinali isolati dal mondo per scegliere il nuovo Papa. Di sicuro, aggiungono i vaticanisti, non si dovrebbe andare troppo per le lunghe con gli scrutini e già l’8 o il 9 maggio avremo chi si affaccerà dal balcone di San Pietro per salutare gli oltre 1,4 miliardi di cattolici sparsi in ogni parte del globo.

Verso il Conclave: cardinali in riunione, il “miracolo” della borsa rubata al papabile Aveline – L’Identità


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