Attualità

VERDE COME I DOLLARI – Verso un’economia del benessere

di Lorenzo Fioramonti -


L’8 e il 9 maggio 2025, Reykjavík diventerà la capitale mondiale dell’economia del futuro. All’Harpa Concert Hall si svolgerà il Wellbeing Economy Forum, un incontro internazionale che riunirà leader politici, studiosi, imprenditori e rappresentanti della società civile per discutere un tema tanto urgente quanto rivoluzionario: come trasformare i nostri sistemi economici mettendo al centro il benessere delle persone e del pianeta.
Il tema scelto per l’edizione di quest’anno — “Wellbeing Economy: Focusing on Values for People and the Planet” — non è solo uno slogan: è una sfida concreta al paradigma dominante della crescita economica a tutti i costi. Da decenni, infatti, il Prodotto Interno Lordo (PIL) è stato considerato l’unico metro valido per valutare la salute di un’economia. Ma l’esperienza ci ha mostrato i limiti di questo approccio: crescita del PIL non significa automaticamente riduzione delle disuguaglianze, tutela dell’ambiente o miglioramento della qualità della vita.
Ed è proprio da questa consapevolezza che ho sviluppato il concetto di Wellbeing Economy — un modello economico che mira a misurare il successo non in base alla quantità, ma alla qualità: qualità delle relazioni sociali, della salute mentale e fisica, dell’ambiente naturale, della partecipazione democratica e dell’istruzione. Un’economia, cioè, che non si sviluppa malgrado le persone, ma insieme alle persone.
Il Forum di Reykjavík sarà anche l’occasione per valorizzare il lavoro da me cominciato con il partenariato internazionale WEGo – Wellbeing Economy Governments, nato nel 2018, che raccoglie i governi di Scozia, Islanda, Nuova Zelanda, Galles e Finlandia, con la partecipazione attiva del Canada. Questi paesi si sono impegnati a integrare il benessere nei loro processi decisionali, condividendo indicatori alternativi al PIL, sviluppando bilanci pubblici orientati alla felicità collettiva e promuovendo riforme che tengano conto dei limiti ecologici del pianeta.
Ma dove si colloca l’Italia in questo panorama? Nonostante alcune iniziative promettenti — come l’elaborazione dell’Indice BES (Benessere Equo e Sostenibile) da parte dell’ISTAT, o il lavoro di regioni e città che stanno sperimentando approcci più partecipativi e sostenibili — l’Italia non ha ancora fatto il salto di paradigma. Il dibattito pubblico resta ancorato all’idea che lo sviluppo si misuri in termini di crescita del PIL, occupazione aggregata e attrazione di investimenti esteri, spesso trascurando i costi sociali e ambientali di tali obiettivi.
Eppure, proprio l’Italia potrebbe trarre grande vantaggio da una svolta in questa direzione. Un’economia del benessere aiuterebbe ad affrontare problemi cronici come le disuguaglianze territoriali, la fragilità del sistema sanitario, la povertà educativa e il degrado ambientale.
Inoltre, favorirebbe la coesione sociale in un momento in cui il Paese appare sempre più polarizzato e incerto.
Partecipare attivamente al dibattito internazionale sulla Wellbeing Economy, aderire al partenariato WEGo, e mettere il benessere al centro delle politiche economiche non sarebbe solo un gesto simbolico: sarebbe una scelta strategica. Significherebbe dotarsi di nuovi strumenti per valutare ciò che conta davvero, per riorientare le risorse pubbliche verso ciò che migliora la vita dei cittadini e protegge le generazioni future.


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