Il documento segreto che riabilita Becciu: la firma del cardinale Parolin sull’affare di Londra
C’è un memorandum con un’autorevole firma in calce, che in queste ore sta scuotendo l’avvio del Conclave e che potrebbe riscrivere i passaggi più significativi dell’operazione immobiliare che ha portato nel fango il cardinale Angelo Becciu. Quell’affare sul palazzo di Londra, di proprietà del finanziere Raffaele Mincione, culminato nel processo del secolo in Vaticano, dove per la prima volta nella storia della Chiesa un tribunale di laici ha condannato un porporato, Becciu appunto, per peculato e truffa, con una pena in primo grado di cinque anni e sei mesi. La storia di quella vicenda, che ha determinato lo scandalo dell’ex segretario di Stato della Santa Sede, sembrava ormai tracciata in tre anni d’inchiesta, 29 mesi di processo e la sentenza del Tribunale vaticano dello scorso dicembre. Ma ora spunta il documento che potrebbe riscrivere i passaggi di quell’operazione immobiliare, che alla fine è costata al Vaticano 40 milioni di euro e una condanna dell’Alta Corte inglese al risarcimento di 4 milioni di spese processuali nei confronti di Mincione. Si tratta di un memorandum del 23 novembre 2018, mai trapelato ma messo agli atti del fascicolo sul processo il 20 agosto 2021, contenuto a pagina 97 dell’allegato “All 15 Annotazione di PG Squillace con allegati”. Il documento delinea nei minimi dettagli l’operazione immobiliare per l’acquisizione del palazzo di Sloane Avenue, dal principio, con il suggerimento del Credit Suisse di Londra a investire con Mincione, come ha sempre sostenuto Becciu, fino a un avallo molto importante, quello dell’allora Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, colui che entrerà in Conclave da cardinale con le maggiori possibilità di uscirne da Papa. “Avute assicurazioni sulla solidità dell’operazione (che porterebbe vantaggi alla Santa Sede), la sua trasparenza e l’assenza di rischi reputazionali, (che, anzi, superati quelli legati alla gestione del Fondo Gof), sono favorevole alla stipulazione dei contratti”, scrive Parolin a mano, in fondo al documento, suggellando la sua nota con la firma e la data del 25 novembre 2018, dopo aver avuto, la sera prima, rassicurazioni e il parere tecnico sull’investimento da Alberto Perlasca, il monsignore diventato poi il grande accusatore di Becciu, e da Fabrizio Tirabassi, il primo capo e il secondo minutante dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Ma cosa dice il memorandum? Traccia nei dettagli le tappe dell’affare di Londra, per il quale l’unico a pagare è stato il cardinale Becciu, condannato in tribunale e costretto a rinunciare perfino al suo diritto costituzionale a partecipare al Conclave, anche sulla base di alcune lettere controverse che riporterebbero la F. come firma di Papa Francesco, il quale avrebbe personalmente deciso di privare Becciu di quel diritto. “Nel 2013 la Segreteria di Stato ha valutato un’offerta per investire in un progetto di sfruttamento di risorse naturali (petrolio) in Angola. Al fine di eseguire le valutazioni del caso”, si legge nel memorandum, “su suggerimento del Credit Suisse di Londra… è stato contattato il dott. Raffaele Mincione in quanto in precedenza aveva trattato analoghi casi. Quell’operazione non fu eseguita per le potenziali implicazioni di carattere mediatico che avrebbe potuto sortire e per la mancanza di adeguate garanzie sul risultato”, spiega il documento. A quel punto, tramite il Fondo di Mincione, “ci venne proposto l’investimento in un immobile di pregio in Londra, con interessanti potenziali up-side in quanto in corso di riqualificazione urbanistica”. Valutazioni successive avevano poi portato la Segreteria a considerare di disinvestire nel Fondo e procedere all’acquisto diretto del palazzo. Ad autorizzare l’operazione e la stipulazione dei contratti, che avrebbero portato alla compravendita dell’immobile londinese attraverso la società lussemburghese Gutt.Sa, di proprietà del broker Gianluigi Torzi, è il cardinale Parolin, con quella nota e la firma in calce al memorandum. Un avallo, quello del capo della Segreteria di Stato, che racconterebbe un’altra verità nel caso Becciu.
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