L’Italia arranca in Ue, arriva il Decreto Pa
Il ministro della Pa
Migliorare la Pa, se ne parla da decenni e da altrettanti ogni manovra è stata divorata dalla forza più potente di una burocrazia che storicamente è il simbolo della lentezza del nostro Paese. Ora il governo Meloni, con il decreto approvato definitivamente dal Senato con 99 voti favorevoli, punta a promuovere il capitale umano del personale pubblico – il ministro Paolo Zangrillo lo definisce il “cuore pulsante” della Pa – e a ridisegnare l’architettura di una macchina che continua a registrare criticità. L’intervento è su nodi strutturali come il reclutamento, la mobilità, le stabilizzazioni e la governance delle procedure concorsuali, affidate alla Commissione Ripam per garantire concorsi più efficienti e selezioni di profili qualificati. Per il ministro “un ampio pacchetto di misure per rafforzare l’efficienza della Pa con competenze rinnovate per affrontare le sfide europee”.
I punti chiave sono la cessazione automatica dal 31 dicembre di quest’anno per i contratti del personale in comando non trasformati in assunzione, senza possibilità di proroga per almeno 18 mesi, per contrastare il precariato, in questi ultimi anni anche nella macchina amministrativa pubblica visto come un facile adempimento per contrastare la desertificazione di uffici ove il pensionamento del personale ha sempre più fatto mancare figure centrali nello scheletro organizzativo delle amministrazioni. Il portale Inpa diventerà per gli effetti del decreto Pa il passaggio obbligato per tutti i concorsi pubblici e le amministrazioni saranno obbligate ad assorbire almeno il 15% del personale in comando da oltre 12 mesi, entro il limite delle proprie facoltà di assunzioni.
Poi si incentiva il reclutamento sul percorso di una valorizzazione dei diplomati Its Academy tramite contratti a tempo determinato nelle amministrazioni locali, figure sempre più tecniche e qualificate, dotate di competenze specifiche per ottimizzare i processi e le procedure, una misura che è indirizzata anche a favorire una maggiore appetibilità di un incarico nel settore pubblico da parte delle giovani generazioni. E c’è pure il tante volte auspicato incremento del salario accessorio che servirà a riequilibrare il gap retributivo tra le amministrazioni centrali e quelle locali, ove si guarda pure al potenziamento del personale nelle aree colpite dai terremoti del 2009 e del 2016 e dalle alluvioni del maggio 2023 in Emilia-Romagna, Marche e Toscana, senza tralasciare due azioni che sono centrali negli obiettivi dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, la prevenzione e il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche – viene istituito nel bilancio del ministero della Salute un Fondo dotato di oltre 23 milioni di euro – e il potenziamento dell’Agenzia per la cybersecurity, cui saranno destinate risorse per assumere personale, 1 milione di euro nel 2025 fino a 4 milioni nel 2026 e 5 milioni a partire dal 2027.
Un decreto che si inserisce nel solco delle riforme strutturali richieste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza focalizzandosi su leve che possono diventare strategiche se si inverte definitivamente la rotta di una Pa in generale percepita dagli italiani come dominata dall’immobilismo e dall’inefficienza. Una manovra per accettare la sfida del cambiamento che il contesto europeo da tempo impone. Nel 2025, infatti, l’Italia è ancora in affanno rispetto alla media europea, soprattutto in termini di digitalizzazione e competenze digitali. Secondo l’Osservatorio Agenda Digitale del PoliMi siamo al 17esimo posto su 27 Stati Ue per i fattori abilitanti la trasformazione digitale e al 23esimo per il livello effettivo di digitalizzazione, marcando un divario marcato nel capitale umano. Siamo ancora quartultimi in Ue per skills matching (31 su 100 contro la media europea di 55), con un forte gap di genere nel settore Ict (solo il 16% delle figure sono donne) e le differenze territoriali rimangono rilevanti, soprattutto tra Nord e Sud. Nonostante il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza abbia stanziato oltre 9,7 miliardi di euro per la digitalizzazione della Pa, gli investimenti in intelligenza artificiale e innovazione sono ancora insufficienti rispetto agli standard europei e le disparità territoriali contano ancora pesantemente: la digitalizzazione è più avanzata nel Centro-Nord rispetto al Sud e alle isole, con un gap evidente anche nella formazione digitale dei dipendenti pubblici. Non va meglio se lo scenario di riferimento diventa internazionale: l’Italia è 19esima su oltre 30 Paesi nel Digital Government Index 2023 dell’Ocse, mentre nel Quality of Government Index che valuta anche corruzione e qualità burocratica è peggiorata passando da ventesima a terz’ultima in 20 anni. Il decreto Pa serve a ripartire per fare sempre meglio.
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