Valditara alla Ue: “Stop agli smartphone in aula per tutelare i giovani”
Un’iniziativa italiana potrebbe presto varcare i confini nazionali: il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha proposto in sede europea un intervento condiviso per regolamentare l’uso dei telefoni cellulari a scuola. Durante il Consiglio dell’Unione europea dedicato all’istruzione, tenutosi ieri a Bruxelles, il ministro ha lanciato la proposta di una raccomandazione comune rivolta a tutti gli Stati membri, volta a limitare l’utilizzo degli smartphone nelle scuole primarie e secondarie di primo grado.
Valditara ha illustrato i motivi della richiesta facendo riferimento a numerose ricerche scientifiche che evidenziano i danni prodotti da un’esposizione precoce e prolungata ai dispositivi mobili: calo della capacità di concentrazione, difficoltà nell’elaborazione linguistica, affievolimento del pensiero critico e, non da ultimo, un impoverimento delle relazioni sociali. “È giunto il momento di intervenire con decisione per tutelare il benessere e l’apprendimento dei nostri giovani”, ha dichiarato il ministro, segnalando inoltre che si sta valutando “se estendere il divieto anche alle superiori”.
L’intervento del titolare del dicastero dell’Istruzione si inserisce in una dinamica già in corso in molte nazioni europee, alcune delle quali hanno adottato normative simili per proteggere i più piccoli dagli effetti collaterali dell’abuso tecnologico. L’Italia, in questo contesto, si pone come promotrice di una linea condivisa a livello continentale.
Nel nostro Paese il divieto è già operativo su scala nazionale: dal prossimo settembre, gli alunni dalla scuola dell’infanzia fino alla terza media non potranno più utilizzare lo smartphone durante l’orario scolastico, salvo che nei casi previsti dai piani educativi personalizzati. “Se vogliamo davvero bene ai nostri figli, dobbiamo garantirgli a scuola una pausa dai cellulari”, ha sottolineato Valditara.
Ma se il fronte istituzionale si muove compatto, sul piano sociale emergono tensioni e resistenze. Molti genitori si oppongono alla misura, considerandola eccessiva e scollegata dalle esigenze reali delle famiglie. Alcuni temono di perdere il contatto immediato con i propri figli durante la giornata scolastica, altri vedono nel divieto un’ingerenza ingiustificata nelle scelte educative. Il bisogno, sempre più diffuso, di poter controllare o rassicurare i figli in tempo reale ha trasformato lo smartphone in una sorta di “cordone ombelicale digitale”, difficile da tagliare. La scuola, per molti, dovrebbe piuttosto educare a un uso consapevole del dispositivo, piuttosto che escluderlo del tutto.
Valditara, però, rilancia. Il tema si allarga anche al controllo dell’accesso precoce ai social network, strettamente collegato a fenomeni inquietanti come il cyberbullismo e la violenza in rete. “Ora è necessario un approccio coordinato a livello europeo anche sul tema dell’accesso ai social network per contrastare fenomeni come il cyberbullismo, la pedopornografia, gli atti di autolesionismo, e la violenza di genere”, ha affermato.
La proposta italiana ha ottenuto un’accoglienza favorevole da parte di numerosi Paesi europei presenti alla riunione. Nessuna voce si è levata in dissenso tra i rappresentanti istituzionali, ma il dibattito, nel frattempo, si è spostato nelle case e tra i genitori. E potrebbe diventare presto uno dei nodi più delicati del futuro rapporto tra scuola, famiglia e tecnologia.
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