Economia

PRIMA PAGINA – Svegliati, Europa

di Giovanni Vasso -


Che brutta giornata, frau Ursula. L’Ue è una bella addormentata che rischia di perdere, ogni giorno che passa, competitività, centralità e forza. Va svegliata, a ogni costo. Che brutta giornata, frau Ursula, perché dopo la solenne mazziata dei giudici Ue sul caso Pfizergate, le tocca fare i conti con la realtà, durissima, di un Continente che rischia grosso. Bisogna svegliarsi, subito. E servivano due italiani (e che italiani) per (provare a) farlo. A frau Ursula, ieri al Cotec di Coimbra in Portogallo, Sergio Mattarella gliele ha suonate e Mario Draghi gliele ha cantate. Un concerto quello dell’ex premier e del Capo dello Stato, che ha evidenziato tutte le stecche pigliate dall’Ue in questi tempi difficili. Dalla politica monetaria a quella industriale, passando, infine, per i due temi dei temi: difesa e debito comune. Per l’ex governatore della Bce: “L’emissione di debito comune fornirebbe l’anello mancante nei frammentati mercati dei capitali europeie contribuirebbe a rendere i mercati dei capitali più profondi e liquidi, creando un circolo virtuoso tra tassi di rendimento più elevati e maggiori opportunità di finanziamento”. Ma i frugali, di ciò, non vogliono manco parlare. “L’emissione di debito comune per finanziare spese comuni è una componente chiave della tabella di marcia politica”. Per carità, non ditelo ai tedeschi. “E può garantire – ha aggiunto Draghi -, soprattutto per la difesa, che maggiori spese avranno luogo in Europa e che contribuiranno all’efficacia operativa e a una crescita economica più elevata di quanto avverrebbe altrimenti”. Allo stato attuale, ha detto l’ex presidente del consiglio, “abbiamo 1,4 milioni di soldati che divisi per 27 Paesi sono irrilevanti”. Tutto il contrario di ciò che ha tuonato al Bundenstag il neocancelliere tedesco Friedrich Merz annunciando l’intenzione di voler costruire “l’esercito convenzionale più potente d’Europa”. Il suo, chiaramente. Difesa chiama industria, “frammentata” anche questa. Con tutti i rischi connessi, a cominciare dalla perdita di competitività di cui aveva già (abbondantemente) scritto nel Report commissionatogli (ma disatteso, finora) da frau Ursula. Parlare d’industria richiama due temi, anche questi collegati: l’energia e i dazi. Ecco, sui secondi, Draghi boccia in toto la strategia Ue: “Dovremmo chiederci come mai siamo finiti nelle mani dei consumatori statunitensi per guidare la nostra crescita. E dovremmo chiederci come possiamo crescere e generare ricchezza da soli”. Game, set, match: più letale di Sinner. “Non possiamo diversificare dagli Usa nel breve periodo. Possiamo e dovremmo cercare di sbloccare nuove rotte commerciali e far crescere nuovi mercati. Ma qualsiasi speranza che un’apertura al mondo possa sostituire gli Stati Uniti è destinata ad essere delusa”, altro che Mercosur e accordi con l’Indonesia. “Dovremo raggiungere con gli Usa un accordo che ci lasci aperto un accesso, è un azzardo credere che torneremo alla normalità nel nostro commercio con gli Stati Uniti, dopo una rottura unilaterale così importante in questa relazione, o che nuovi mercati cresceranno abbastanza velocemente da colmare il divario lasciato dagli Usa. Se l’Europa vuole davvero essere meno dipendente dalla crescita degli Stati Uniti, dovrà produrla da sé”. E come, se l’energia costa così tanto? Draghi, su questo, è una furia: “Sconfortante come l’Ue sia diventata ostaggio di interessi particolari ormai consolidati. Dobbiamo riformare il funzionamento del nostro mercato dell’energia, lavorando per allentare il legame tra i prezzi del gas e quelli delle rinnovabili. La Commissione Europea potrebbe avviare un’indagine indipendente sul funzionamento complessivo dei mercati energetici dell’Ue”. Il gran finale del concerto di Draghi è un pugno che colpisce Bruxelles là dove fa più male: “Anche se abbiamo fornito circa la metà degli aiuti militari all’Ucraina, saremo spettatori di un negoziato di pace che riguarda il nostro futuro e i nostri valori”. Il modo più brutale per raccontare la realtà: l’Europa, oggi, non conta granché. E domani rischia di contare pure di meno.
Il concerto, però, non è finito. Perché, dopo l’assolo di Draghi, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha intonato Puccini: “È urgente, direi prioritario, che l’Europa agisca, perché stare fermi non è più un’opzione. Abbiamo ascoltato Nessun dorma, la romanza potrebbe applicarsi alla nostra Unione: i rischi dell’immobilismo sono ben evidenziati nel Rapporto Draghi, come in quello Letta sul futuro del Mercato interno. Le conseguenze ipotetiche per l’Europa, ad esempio in termini di arretramento delle condizioni materiali di benessere diffuso o di un allontanamento irreversibile dalla frontiera tecnologica, ne accrescerebbero anche la vulnerabilità sui piani strategico e geopolitico, riducendone la capacità di contrastare le perturbazioni così allarmanti nell’ordine internazionale. Scongiurare tali rischi è fondamentale”. Ne va della sopravvivenza dell’Europa, non solo dell’Ue e dei singoli Stati membri. Non è solo questione di futuro ma di garantirsi un posto in un mondo che si fa sempre più difficile da affrontare, persino più difficile da digerire delle parole di Draghi e Mattarella. E quella sì che sarebbe una brutta giornata, e non solo per frau Ursula.


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