epa12101531 European Commissioner for Trade Maros Sefcovic speaks to the media ahead of an EU Trade Ministers meeting in Brussels, Belgium, 15 May 2025. Ministers will hold an exchange of views on current trade relations with the US and will give orientation for future work. EPA/OLIVIER HOSLET
L’Ue non importa abbastanza beni su cui imporre dazi per far contenti gli Stati Uniti che, nel frattempo, spingono Bruxelles in fondo alla loro lista delle priorità. Pure l’India, come ha annunciato Trump, verrà prima dell’Europa. Anche perché l’offerta arrivata da Narendra Modi è, per gli americani, alquanto golosa. Intanto, per la Casa Bianca, le spine continuano a venire dall’interno e, in particolar modo, dalla Fed. Il governatore Jerome Powell, lungi dall’accogliere l’appello ad abbassare il costo del denaro del tycoon, ha riaffermato che i tassi resteranno alti molto a lungo a causa delle paure legate alle fluttuazioni dell’inflazione e agli choc economici. Nonostante il raffreddarsi della tensione commerciale con la Cina, infatti, un po’ di problemi a Washington e dintorni ci sono. Le grandi catene della distribuzione, a cominciare da Walmart, hanno ripreso a fare incetta di beni, specialmente capi di abbigliamento, prodotti in Cina e più in generale nel Sud-est asiatico. La stessa Walmart ieri ha presentato i dati della trimestrale e non fanno fare i salti di gioia agli azionisti. Gli utili restano, comunque, miliardari (4,5 miliardi di dollari rispetto ai 5,1 del primo trimestre ’24) ma le prospettive di vendita, date in salita, non nascondono i timori della catena secondo cui l’inflazione a breve potrebbe salire ancora. Trump, però, va avanti per la sua strada e annuncia di aver incassato una proposta importante dall’India che, solo fino a qualche mese prima della sua elezione definiva come “il Regno dei Dazi”. Ebbene, la situazione si sta completamente ribaltando dal momento che il governo indiano ha proposto “zero dazi” agli Usa: “È molto difficile vendere in India e loro ci stanno offrendo un accordo in base al quale sono sostanzialmente disposti a non farci pagare alcuna tariffa”, ha affermato il presidente. Per cui l’India è un partner strategico. Non fosse altro che in chiave “compensativa” e competitiva rispetto alla Cina da cui gli americani, nonostante le affermazioni di principio, hanno avviato da tempo una sorta di ritirata. Nell’area, intanto, si muove con decisione anche il Giappone. Scosso da due, anzi tre, notizie: i licenziamenti di massa in Nissan (20mila operai coinvolti, sette fabbriche chiuse) e Panasonic (10mila licenziamenti, la metà solo nel Paese del Sol Levante) la pessime previsioni di Honda (si teme un tracollo degli utili fino al 70% proprio per colpa dei dazi), le paure di Sony che non brinda nonostante la crescita dei guadagni in doppia cifra (+18%). Tokyo ha chiesto al ministro della Rigenerazione economica Ryosei Akazawa di recarsi, dopo il weekend, negli Stati uniti. Dovrà avviare il terzo ciclo di trattative.
Se il Giappone trema, l’Ue sui dazi ostenta ottimismo e forza. La Germania finge di gettare acqua sul fuoco e il ministro all’Economia Katherina Reiche afferma: “Non userei mai parole come avversario perché gli americani restano i nostri partner. Abbiamo una posizione di forza e potere economico, che però deve essere usata con cautela, perché l’escalation non ha vincitori”. Parigi fa la voce grossa. Il ministro al Commercio Laurent Saint-Martin è una furia: “Dobbiamo muoverci verso una de-escalation di questa guerra commerciale, che non abbiamo mai voluto e che consideriamo dannosa per tutti, dannosa per le esportazioni europee ma anche per gli Stati Uniti, la posizione della Francia è sempre stata molto chiara e lo ribadiamo oggi: dobbiamo anche prepararci a contromisure e misure di ritorsione qualora i negoziati fallissero”. Parole bissate da Michal Baranowski, sottosegretario allo Sviluppo economico della Polonia, Paese che ha la presidenza di turno dell’Ue, a margine del Consiglio Commercio a Bruxelles -, ma anche prepararci al piano B”. E cita Roosevelt: “Il nostro approccio è quello di negoziare ma come diceva quel presidente americano, nei negoziati parla piano, ma porta un grosso bastone”. A dare la carota, al termine del Consiglio europeo sul commercio, ci pensa il commissario Ue Maros Sefcovic: “È molto importante per noi che l’esito di questi negoziati sia equo ed equilibrato. Per noi uno dei problemi principali è il deficit di beni, e loro vogliono vedere come questo possa essere affrontato nel dialogo con noi. Noi, ovviamente, stiamo ricordando ai nostri partner americani che anche noi abbiamo un deficit di servizi. E poi ci sono gli ambiti in cui siamo assolutamente convinti di poter ottenere risultati molto migliori se li affrontassimo insieme come alleati. E queste sono sovracapacità. Direi che l’acciaio, in particolare, è uno degli esempi di dipendenza”. Sefcovic ha poi proseguito: “Dedichiamo molto tempo a discutere di materie prime essenziali, di cooperazione nelle tecnologie sensibili, che entrambi vogliamo avere un’intelligenza artificiale molto sviluppata in Europa e negli Stati Uniti. Abbiamo alcune tecnologie davvero uniche in Europa – ha concluso Sefcovic con fin troppo entusiasmo -, che ritengo necessarie e necessarie su entrambe le sponde dell’Atlantico. Quindi direi che questi sono gli ambiti chiave di cui stiamo discutendo”. L’Ue, dunque, ostenta ottimismo sui dazi e sembra averci capito poco della lezione di Mario Draghi. Almeno così pare.