Il risiko Veneto: se Zaia al Turismo, De Carlo candidato
Da un Luca all’altro? Il Risiko politico in Veneto con vista sulle Regionali d’autunno che insedieranno il nuovo Doge è cominciato. I segnali che arrivano da Luca Zaia verso il leader del suo partito, Matteo Salvini, sono distensivi. Di fatto il governatore serenissimo è ex da quando il Consiglio di Stato ha chiuso la porta al terzo mandato. A Palazzo Balbi, sede della stanza dei bottoni, ha dato ordine ai suoi più stretti collaboratori di preparare i faldoni sulle principali questioni per il passaggio di consegne dopo il voto di ottobre. Ieri mattina a Roma al convegno “Seminando idee, coltivando proposte. Facciamo crescere l’agricoltura italiana”, Zaia sibila ai cronisti che è “giusto che il segretario scelga i suoi vice”, in relazione alla nomina di Roberto Vannacci e Silvia Sardone al fianco degli altri tre vicesegretari Alberto Stefani, Andrea Crippa e Claudio Durigon. Ecco allora, secondo alcuni retroscena, che la data da cerchiare sul calendario per capire le strategie future è quella di martedì prossimo, 20 maggio, quando a Milano la ministra del Turismo, Daniela Santanché, comparirà davanti al Gup per difendersi dall’accusa di truffa aggravata allo Stato sui contributi della Cassa integrazione Covid ai dipendenti della società Visibilia. Se Santanché dovesse essere citata a giudizio, in molti prevedono che dovrebbe rassegnare le dimissioni. Giorgia Meloni non accetterebbe di avere un ministro della squadra col sospetto sul groppone di avere fatto fesso lo Stato. Sintomatico Galeazzo Bignami, capogruppo alla Camera di FdI, tranchant lo scorso marzo dopo il rinvio dell’udienza per un cambio d’avvocato nel collegio di Santanché: “Noi riteniamo, come ha detto il ministro stesso quando è venuta in Aula che nel momento in cui ci dovesse essere un rinvio a giudizio si arriverebbe ad una presa d’atto della necessità di rilasciare l’incarico non perché stia governando male il turismo, dove anzi abbiamo dati assolutamente premianti, ma per garantire a lei la possibilità di difendersi nel modo più sereno possibile”. E chi andrebbe al suo posto? Appunto Zaia, anche se in teoria questo disallineerebbe i pesi dentro l’esecutivo con un leghista in più. A meno che la compensazione non sia pesante, come appunto la presidenza della Regione Veneto. In quel caso il senatore Luca De Carlo (nella foto), coordinatore regionale di FdI, presidente della Commissione Agricoltura, molto apprezzato dalla premier e anche dalla sorella Arianna, responsabile della segreteria politica e del tesseramento del partito che lunedì scorso a Verona ha aperto la corsa per le regionali proprio alla presenza di un pimpante e motivato De Carlo che riscaldato la platea, potrebbe avere la strada aperta verso la candidatura del centrodestra. Del resto, FdI lo scorso giugno alle Europee ha conseguito il 37,58%, quasi triplicando il modesto 13,15% della Lega, che in Veneto potrebbe parzialmente risorgere solo con la lista Zaia. Già, ma a che prezzo? Anche a quello di rompere il centrodestra che se unito vincerebbe a mani basse, anche perché la sinistra fa fatica a trovare un candidato, tanto il risultato è scontato nel Veneto? Zaia che è un pragmatico nei giorni scorsi ha pure detto che “è presto per dire se alle Regionali ci sarà la lista Zaia o meno, lo decideremo a tempo debito”. Qualora Meloni lo volesse premiare col governo al posto di Santanché, saprebbe rinunciare? E per che cosa? Per lo scranno di sindaco a Venezia tra un anno? E alle Regionali nel frattempo che cosa sarebbe successo? Che la lista Zaia e la Lega guidate dal candidato zaiano sindaco di Treviso, Mario Conte, avrebbero issato la bandiera sul Canal Grande? Con che ripercussioni a Roma? Davvero Zaia, come molti dei suoi lo pregano, dovrebbe rompere gli indugi e mostrare i muscoli? Ma ha senso politico impiccarsi alla lista Zaia? Un fuoriclasse come Luca perché dovrebbe rinunciare a mettersi al servizio del Paese da un posto di responsabilità come un ministero? Anche perché sarebbe la quadra. Certo, De Carlo incrocia le dita perché non vuole far la fine del papabile che dal conclave romano della politica, con Meloni Salvini e Tajani officianti, esce cardinale. “È tutto prematuro, convengo con Zaia – glissa felpato il senatore di Calalzo con i cronisti – il candidato presidente ancora non c’è”. Ma lunedì sera a Verona i quadri regionali dei Fratelli concordavano che avrebbe il profilo giusto: veneto doc della montagna, cui piace “zappare”; concreto e affidabile, gran tessitore di rapporti con gli alleati e mai sopra le righe. Da un Luca all’altro? Il nome è garanzia.
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