LIBERALMENTE CORRETTO – Ascesa e declino delle costituzioni
Com’è potuto accadere che, nel vigore della “costituzione più bella del mondo”, il diritto di movimento fosse precluso ai cittadini italiani, in base a un semplice Dpcm? E il diritto di scegliere le proprie cure mediche fosse sottoposto a condizionamenti tanto pesanti, da azzerare la libera determinazione individuale, per il “bene” supremo di una terapia genica, impropriamente chiamata “vaccino”? E nel vigore dei Trattati europei, “belli” in pari grado, Ursula von Der Leyen fosse legittimata a stipulare contratti segreti con la Pfizer per un importo di 35 miliardi di euro? Queste domande rimangono senza risposta, se non si ricorre ai criteri di lettura storiografici e sistematici, perspicuamente evidenziati nel recente libro di Eugenio Capozzi “Libertà o potere. Ascesa e declino delle costituzioni”.
L’autore ci invita innanzitutto a uscire dall’angusta logica del “presentismo”. In un’accezione riduttiva, che non coglie la complessità dell’oggetto, la costituzione è solo un documento formale, approvato in un determinato momento storico dall’assemblea costituente. Tuttavia la costituzione “materiale” non nasce dall’oggi al domani; è la risultante di lunghi processi storici. Dal constitum romano, che designava la decisione dell’organo giurisdizionale, tendente a permanere come “norma” giuridica, in virtù del principio dello stare decisis, fino alla Magna Charta Libertatum, la storia non ci consegna tanto “documenti”, quanto “processi” culturalmente orientati al contenimento del potere centralistico, a tutela dei diritti cetuali e individuali. In questa lunga fase di gestazione del “costituzionalismo”, manca lo Stato moderno coi suoi poteri sovrani, mentre vige un pluralismo di centri di potere variamente articolato. La coesione sociale e ordinamentale non dipende tanto dall’assetto gerarchico delle istituzioni, quanto piuttosto dalla condivisione di principi e valori religiosi. Sotto questo profilo, la civiltà cristiana può ritenersi la culla del moderno costituzionalismo, perché la sua dottrina del diritto naturale e della dignità inviolabile della persona umana postula la difesa dell’individuo e del pluralismo sociale innanzi all’autorità politica centralistica; in tanto efficace la difesa, in quanto vincolata l’autorità (al rispetto di regole superiori).
In tempi moderni, nella dinamica della vita associata, fa ingresso lo Stato-nazione che esercita il potere sovrano in veste monopolistica. Ciò ha determinato, secondo Capozzi, per un verso, un’ulteriore “ascesa”, ma, per l’altro, anche il “declino” delle costituzioni. Ascende il ruolo formale del “documento”, ma declina il ruolo di garanzia della costituzione materiale. L’assetto istituzionale assume una forma piramidale; al vertice della gerarchia normativa è situata la costituzione, ai cui principi si devono uniformare tutte le fonti del diritto e gli atti amministrativi; sulla conformità costituzionale degli atti legislativi vigila una Corte super partes, indipendente dal potere esecutivo. Dunque la costituzione-documento raggiunge il picco ascensionale. Al quale, tuttavia, secondo Capozzi, corrisponde il declino della funzione di garanzia. Ciò si deve, in primo luogo, al fatto che lo Stato si erge a Supremo Giudice del Bene e propone una sua religione “provvidenziale”, recidendo le sue radici cristiane. Prendendosi cura della vita e della morte dei sudditi, l’autorità politica si dà il compito di fronteggiare tutte le emergenze (vere o presunte) che affliggono l’umanità, di fronte alle quali i diritti delle persone diventano secondari, ancorché formalmente inviolabili.
Pertanto i limiti più efficaci al potere dei governanti, a garanzia del diritto dei governati, non risiedono tanto nella forma documentale, quanto nei paradigmi culturali della costituzione materiale. L’errore di fondo è dunque quello di aver trascurato le radici cristiane della nostra civiltà, accettando supinamente commistioni e interferenze di ideologie e logiche politiche incompatibili con il postulato di fondo della dignità di ogni persona umana, i cui diritti preesistono allo Stato e ne vincolano gli atti. Bisogna comprendere che il primato dell’Occidente sta tutto lì: nelle sue radici culturali, che hanno consentito di conciliare ordine e libertà. Il benessere diffuso è la conseguenza, non certo la ragione del primato storico.
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