Attualità

IN GIUSTIZIA – La guida tedesca della Commissione Ue

di Francesco Da Riva Grechi -


Più volte su questa testata si è rilevata l’ambiguità della politica della Commissione europea guidata da Ursula Von Der Leyen soprattutto sugli spinosi temi della difesa comune e della condivisione del debito. Fedeli allo spirito di questa rubrica si vuole qui dare una sguardo alle due problematiche indicate dal punto di vista dell’osservanza dei Trattati dell’Unione sulla scrittura dei quali tanto ha pesato la cultura giuridica tedesca.
A dire la verità questa cultura troppo spesso cede alle lusinghe del primato della nazione germanica, a cominciare dalle decisioni del Tribunale Costituzionale Federale, che pongono spesso e volentieri al vertice delle fonti del diritto dell’Unione le esigenze di cassa dei Lander della Repubblica federale anziché la coerenza sistematica dell’ordinamento eurounitario. Il momento attuale però è troppo delicato per analisi superficiali.
Quella che i trattati chiamano PESC, la politica estera e di sicurezza comune, o c.d. secondo pilastro delle istituzioni dell’Unione, se è vero che è l’unico settore nel quale il metodo intergovernativo prevale su qualsiasi altra istituzione dell’Unione, compresa la Commissione, il Consiglio ed il Parlamento europei, è anche vero che è quello cruciale in tempi di crisi della Nato ed in seguito all’adozione della strategia definita dalla Presidente della Commissione ReArm-europe, un piano di investimenti da 800 miliardi di euro nel campo della Difesa dei Paesi membri e a livello comunitario. Il primo punto di tale piano, approvato nel marzo di quest’anno, prevede l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità in base alla quale gli Stati UE potranno sforare il limite del 3% del rapporto tra deficit e PIL nazionale, senza rischiare sanzioni, purché lo facciano per investire nella difesa.
Senza un debito comune significa in pratica che ogni Stato può spendere a piacimento per armi ed equipaggiamenti militari. Visto l’esempio statunitense, la crescita del debito tedesco potrebbe diventare un problema simile a quello italiano, finendo per generare squilibri interni all’Unione.
E questo è il punto, già più volte è naufragato il progetto di una difesa comune e adesso che si dovrà spendere molto e spendere tutti il coordinamento e la convergenza delle politiche della difesa e di bilancio dovrebbero essere al primo posto dell’agenda politica della Commissione. E invece si sta andando in tutt’altra direzione. I trattati hanno i loro limiti, ma la guida politica della Commissione, una volta che decide di liberare 800 miliardi di euro da investire in spese militari, dovrebbe sentire il dovere di seguire i bisogni comuni dei popoli e delle nazioni europee, anzichè limitarsi all’orecchio e allo stomaco del popolo e della nazione tedesca.
Si sa quanto cresce l’estrema destra in Germania e quanto sia pericolosa, bisogna tuttavia che la risposta politica a ciò che questa crescita rappresenta, fenomeno che non ha niente a che vedere con il successo di consensi e popolarità di Giorgia Meloni e del suo governo, sia elaborata anche dal punto di vista europeo. Un ReArm German sarebbe un errore dalle conseguenze incalcolabili perché rischierebbe di porre a repentaglio la stessa coesione dell’Unione, così come delineata dai Trattati, e soprattutto la fiducia e la solidarietà tra gli stati membri.


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