“La luce è là”: Villa Ahrens tra impresa, dolore e rinascita
A Palermo la Direzione Investigativa Antimafia ha sede nella suggestiva cornice di villa Ahrens, che custodisce tra le sue mura l’affascinante storia di una famiglia che ha impresso un segno indelebile nella storia industriale dell’isola. La bellissima storia della famiglia è raccontata da Agata Bazzi nel romanzo storico La luce è là, in cui vengono narrati fatti che occupano un arco temporale che va dal 1906 al 1916. La fonte dell’autrice è la “viva voce” di Albert Ahrens, autore di un diario che ha rivelato ai posteri un vitale squarcio di vita vissuta, consentendo l’esplorazione della Sicilia industriale a cavallo tra due secoli. Si tratta della vicenda umana e imprenditoriale di una famiglia di ebrei tedeschi il cui capostipite è Albert Ahrens, giunto per la prima volta a Palermo nel 1875. Sin dalla prima adolescenza, dopo la prematura scomparsa del padre, Albert aveva iniziato un periodo di apprendistato presso Brema. Fu lo zio Simon a fornirgli nuovi stimoli e a farlo inserire come tirocinante presso la ditta Berg, leader nel settore della biancheria. Dimessosi dalla ditta Berg per essersi imbattuto involontariamente in una conversazione in cui il direttore scherniva le sue gambe storte, Albert decise di rassegnare le proprie dimissioni. Fu ancora l’intermediazione dello zio Simon a metterlo in contatto con un lontano cugino, Unsoeld, che a Napoli conduceva una ditta di import-export. Di lì a poco Albert, distintosi per ingegno e capacità imprenditoriali, fu incaricato da Unsoeld di aprire una filiale d’azienda nel capoluogo siciliano. Nell’isola furono importati pregiati e raffinati tessuti del Nord Europa, immediatamente apprezzati dal buon gusto di una facoltosa clientela. Assieme alla moglie Johanna, appartenente a una colta e agiata famiglia ebraica, fondò le salde radici della famiglia in una sontuosa dimora di campagna, villa Ahrens sul cui prospetto campeggia un’aquila che porta al petto la stella di David sulle cui punte è inciso: “Lik Dör” (“la luce è là”). Dalla coppia nacquero otto figli, due maschi e sei femmine e quale dolore possa aver trafitto Albert e Johanna alla morte dei due figli maschi è facile immaginarlo. Robert era rimasto vittima di un terribile incidente ferroviario, nel 1912. Erwin invece, tornato dalla prima guerra mondiale con una ferita alla testa e più profonde ferite nell’animo, subì un lento ed inesorabile declino che lo portò al suicidio. Albert aveva iniziato a espandere il suo business iniziando a produrre anche vino nel piccolo stabilimento di Misilmeri: ottenne per ben due volte l’appalto per la fornitura del vino Marsala a casa Savoia, surclassando i più longevi concorrenti come Florio, Whitaker, Ingham, Woodhause. Il primo stabilimento enologico a Palermo era stato impiantato proprio a Villa Ahrens, che divenne dimora e opificio. L’imprenditore tedesco fu attivo anche nel settore della produzione di mobili: iniziava a diventare un punto di riferimento in città e a collezionare pregiate onorificenze. Vittorio Emanuele III gli conferì il titolo di commendatore dell’ordine della Corona d’Italia. La moglie di Albert, Johanna, fu la vera colonna portante della famiglia, saggia e oculata, impegnata in una indefessa attività assistenziale nel quartiere di San Lorenzo, a beneficio di poveri e indigenti. Villa Ahrens era la dimora di benestanti borghesi ma sapeva irradiare la luce della solidarietà nel quartiere. Simbolo di opulenza ma anche di lavoro, assistenza e rigore morale. Terminato il periodo dei fasti, la dimora fu messa in vendita il 30 dicembre 1940. Oggi quel rigore morale ha la forma dell’abnegazione di uomini e donne, impegnati nella delicata missione del contrasto alle mafie.
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