L’INTERVISTA – Luca Palamara: “La riforma della Giustizia è necessaria, anche l’opposizione deve collaborare”
“Oggi più che mai è evidente che con il libro Il Sistema che ho scritto con Alessandro Sallusti, non è stato quello di attaccare la magistratura ma di dimostrare che tutto ciò che mi è accaduto era basato su un racconto falso per sovvertirne gli equilibri interni”.
Così Luca Palamara – nel 2020 radiato dalla magistratura, anche a causa delle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara – commenta le sue vicende, tornate di stretta attualità negli ultimi giorni, dopo che la procura di Perugia ha messo in discussione la credibilità dello stesso Amara, avviando un’indagine per calunnia.
“Oggi stanno emergendo delle novità che a me erano già molto chiare il 10 luglio 2022, quando i due principali quotidiani italiani, Corriere della Sera e Repubblica, riportarono ampi stralci della richiesta di archiviazione della presunta Loggia Ungheria (descritta da Amara “una rete segreta di potere”, ndr) che in realtà sembrava contenere accertamenti paralleli sull’indagine che mi riguardava. L’accusa a mio carico veniva ciclicamente cambiata, forse perché non ancorata su basi solide e improvvisamente viene fuori la vicenda Loggia Ungheria: Amara viene sentito nuovamente e reitera delle accuse che solo in parte mi vengono contestate. Nell’interrogatorio del giugno 2022 misi in guardia il procuratore Cantone sulla falsità di queste accuse, anche perché il giorno prima Il Fatto Quotidiano, molto correttamente, aveva anticipato la notizia tirando in ballo un tema politico, vale a dire i rapporti intercorsi tra Giuseppe Conte e Amara. ‘Magicamente’ il 10 luglio Corriere della Sera e Repubblica, che già avevano cavalcato la vicenda dell’hotel Champagne per impedire che Marcello Viola potesse diventare Procuratore di Roma, spostano l’attenzione sulla mia persona riportando stralci di un atto, quello dell’archiviazione della Loggia Ungheria, che in quel momento era un atto segreto. Ecco: oggi sta emergendo che tutte quelle dichiarazioni di Amara, che in quel momento non poteva non pensare alla sua incolumità personale, avevano alla base un contenuto calunnioso e io adesso attendo di capire chi e perché ha consegnato quegli atti ai due giornalisti di Corriere e Repubblica per farmi manganellare in quel modo. Penso che una risposta mi debba essere data, non si tratta solo di gogna mediatica ma della volontà di sovvertire gli equilibri interni alla magistratura, questo è qualcosa che ovviamente va oltre la mia vicenda personale”.
I nuovi sviluppi di questa vicenda, oltre ad avere implicazioni significative per lei, potrebbero riscrivere la storia recente della magistratura e del “sistema”?
“Mi sembra evidente: chi ha avuto a che fare con la mia vicenda è stato a sua volta colpito. Pensiamo alle vicende di Piercamillo Davigo, a quelle di Giuseppe Pignatone, ed infine a quelle di un magistrato stimato come Michele Prestipino, pensionato anticipatamente (pochi giorni dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Caltanissetta per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, ndr) una riflessione va fatta. Il punto è che oggi chi siede al Csm ed ha posizioni di potere non vuole perderle, ma la prima regola in una democrazia è il fatto che la magistratura debba agire nel rispetto delle regole. Quando queste non vengono rispettate per eliminare l’avversario politico di turno ad essere preoccupati – per usare un eufemismo – dobbiamo essere tutti”.
A proposito di regole, la riforma della Giustizia promossa dal governo Meloni e attesa da decenni, nonostante i tentativi delle opposizioni di rallentare l’iter, arriverà in Aula l’11 giugno. Che ne pensa?
“Che ci sia necessità di un intervento riformatore è sotto gli occhi di tutti, ma questo non necessariamente si deve tradurre in un intervento punitivo nei confronti della magistratura, sarebbe una sconfitta per tutti. Il tema mediaticamente più dibattuto è quello della separazione delle carriere e su questo vorrei chiarire, in accordo con i miei ex colleghi, che con questa riforma i processi non dureranno un giorno di meno, ma in ogni caso il punto è un altro e cioè come offrire maggiori garanzie al cittadino che si trova in un’aula di giustizia. E questo si può ottenere con la terzietà del giudice. Quanto ci vorrà? Ci vorrà tempo, ma consideriamo che di fatto oggi le carriere interne alla magistratura sono già separate e quindi ‘metterle a regime’ non può che essere un fatto positivo. Sbagliano le opposizioni a non dare un contributo, ricordo tanti esponenti del Pd che in passato avevano un’impronta riformista, attaccare la riforma solo per andare contro il governo Meloni. Non devono avere paura ma mettersi nell’ottica dei cittadini”.
A proposito di casi giudiziari: quello di Garlasco è stato riaperto. Il procuratore capo di Pavia Fabio Napoleone, che lei conosce bene dai tempi del Csm, ha convocato ieri in procura Alberto Stasi, unico condannato per l’omicidio di Chiara Poggi, il fratello della vittima e il nuovo indagato Andrea Sempio, che non si è presentato. Lei che idea si è fatto?
“Ovviamente non ho letto le carte e non conosco gli atti, ma posso sicuramente dire che Napoleone è un magistrato di primo ordine e quindi ha avuto le sue ragioni per convocare tutti e tre. Dal punto di vista difensivo, cioè di chi oggi si ritrova sotto indagine dopo 18 anni, è chiaro che vi sia preoccupazione, ma dall’altra c’è una procura che indaga e se lo fa è per due motivi: perché qualcuno l’ha chiesto e perché nelle indagini penali dopo vent’anni ci sono delle evoluzioni anche dal punto di vista tecnico investigativo”.
Sì, dottor Palamara, ma le persone vogliono sapere se Alberto Stasi è stato condannato oltre ogni ragionevole dubbio oppure no…
“Questo è un altro grande tema che purtroppo non coinvolge solo Stasi, ma tanti processi, soprattutto i cosiddetti processi indiziari. Non dimentichiamo, a proposito di errori, che bisogna sempre distinguere fra l’errore fisiologico, ad esempio una prova che è stata acquisita in maniera sbagliata, e un errore che può portare alla condanna di un innocente. Che poi è il grande tema di questa vicenda e che incute timore a tutti i cittadini, cioè il fatto di essere sottoposti a una vicenda penale da innocenti. È un tema rispetto al quale non sempre la magistratura ha saputo dare una risposta vera, chiara e precisa”.
Sa anche cosa gli italiani non capiscono? Perché i magistrati non pagano mai per i loro errori…
“Perché prevalgono delle logiche di corporazione, quindi si tende in qualche modo a proteggersi, soprattutto quando ci sono queste vicende, perché si può aprire una voragine che è fortemente temuta a tal punto che nessuno poi abbia più voglia di indagare o di mettere sotto processo un politico se poi il rischio è quello di essere sbattuti fuori dalla magistratura. Questa è l’amara verità”.
A proposito di Amara e la sua vicenda, lei vorrebbe tornare a fare il pm?
“Continuo sicuramente la mia vita che mi impegna molto dal punto di vista saggistico, consulenziale e politico, però è ovvio che nella mia testa c’è la volontà di riscrivere totalmente la mia storia e quello di riprendermi ciò che mi è stato ingiustamente tolto”.
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