Consulta: “Entrambe le madri possono riconsocere figlio nato con procreazione assistita”
Consulta: incostituzionale negare il riconoscimento alla madre intenzionale nella PMA estera
La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita (PMA) praticata legittimamente all’estero. Con la sentenza depositata oggi, la Consulta ha stabilito che l’attuale impedimento al riconoscimento viola gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione, lesivo del diritto del minore a una identità giuridica certa fin dalla nascita e alla piena tutela genitoriale.
La Corte ha ribadito che, pur rimanendo legittimo che l’accesso alla PMA in Italia sia limitato, non vi sono ostacoli costituzionali a un’eventuale estensione alle famiglie monoparentali, lasciata però alla discrezione del legislatore. Tuttavia, ha ritenuto “non irragionevole né sproporzionato non consentire alla donna single di accedere alla procreazione medicalmente assistita” con l’attuale normativa.
Fondamentale, secondo i giudici, è il principio che la responsabilità genitoriale nasce anche dal consenso consapevole alla PMA dato da entrambe le madri, biologica e intenzionale. Il mancato riconoscimento del figlio da parte della madre intenzionale compromette il diritto del minore a essere educato e assistito moralmente da entrambi i genitori, oltre a incidere negativamente sui rapporti familiari.
La sentenza nasce dal caso di Glenda e Isabella, una coppia sposata di Lucca con due figli, uno dei quali non era stato riconosciuto per via della circolare del Ministero dell’Interno del 2023. “Abbiamo avuto dei timori – racconta Isabella – da un punto di vista sanitario perché io sono la madre intenzionale e se ci sono solo io con il piccolo non vengo riconosciuta dal personale sanitario; a livello successorio nel caso in cui venisse a mancare la madre biologica… anche banalmente prendere mio figlio a scuola avrebbe potuto rappresentare un problema. È stato un calvario ma ne è valsa la pena”.
Il tribunale di Lucca, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, ha evidenziato la disomogeneità delle soluzioni adottate dai sindaci nei registri di stato civile, chiedendo così alla Consulta un chiarimento definitivo.
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