Economia

Giorgetti, il paziente inglese: “Usa e Ue vogliono l’intesa sui dazi”

di Giovanni Vasso -

The Italian Minister of Economy and Finance, Giancarlo Giorgetti during the closing press conference of G7 in Stresa (Vb), Northern Italy, 25 May 2024. The G7 of Finance Ministers and Central Bank Governors runs from 23 to 25 May. ANSA/JESSICA PASQUALON


Giorgetti, il paziente inglese: paziente, perché sui dazi predica, appunto, pazienza. Inglese, come il modello a cui il ministro dell’Economia mira per risolvere la querelle tra Ue e Usa. “L’amministrazione americana sta raggiungendo accordi o li sta per raggiungere con Regno Unito e Cina. Non dico che l’Unione europea arriverà per ultima ma credo che si raggiungeranno dei risultati ragionevoli, l’interesse comune è trovare un’intesa”, ha affermato il titolare del Mef al Festival dell’Economia di Trento mentre si trovava in Canada per il G7. Un G7, per la cronaca, “partito male”. Ma tant’è. “Sarà molto difficile che l’accordo finale sia molto diverso da quello fatto con gli inglesi”, profetizza il ministro che sogna un compromesso al 10%. Giorgetti ribadisce che a decidere sarà l’Europa, a cui spetta di dirigere le politiche commerciali. Teme che a pagare più di tutti possa essere il settore farmaceutico. Ma ribadisce che l’Italia è pronta a recitare la sua parte fino in fondo: “Abbiamo la capacità di smussare gli angoli e creare ponti, un termine che oggi va di moda”. Pazienza, dunque. E paziente è Giorgetti (anche) quando si parla del piano Safe, ex Rearm Europe. Non è di certo entusiasta, il ministro, di dover comprare armi su armi mentre combatte contro il macigno di un debito pubblico, come quello italiano, finito sotto gli steroidi del Superbonus. “Io faccio il ministro delle finanze, non decido io queste cose ma devo finanziare decisioni prese sopra di me. Dico solo che il processo logico non è partire dai numeri ma è fare il vertice Nato, capire cosa fare e quali sono i sistemi d’arma che vanno acquistati. Stabilite le necessità si stabilisce il livello di spesa che ogni paese deve affrontare. E in quel senso l’Italia ci sarà”. A malincuore. “Considerando che è molto difficile politicamente aumentare le spese militari e tagliare la spesa sociale, dobbiamo trovare un sistema alternativo, magari con la partecipazione dei privati, per evitare un tragico trade-off”. Ma che a Giorgetti il piano non piaccia lo evidenzia anche altro: “Oggi c’è la pretesa tutta positivista di pianificare a 5 o a 7 anni ma la storia ci insegna che non è possibile. Oggi c’è la necessità di essere pronti e reattivi a rispondere. L’ho già detto con una battuta in passato: i piani quinquennali che ricordano quelli sovietici non hanno mai funzionato”.


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