Trump vieta l’iscrizione di studenti stranieri ad Harvard
Sale di tono lo scontro tra Donald Trump e Harvard, il più prestigioso ateneo americano, nel mirino dell’amministrazione repubblicana per la gestione delle proteste pro-Palestina e le politiche di ammissione. L’ultima mossa, durissima, è arrivata dalla segretaria alla Sicurezza Interna, Kristi Noem, che ha comunicato la sospensione della partecipazione dell’università allo Student and Exchange Visitor Program (SEVP), bloccando di fatto la possibilità per nuovi studenti stranieri di iscriversi all’ateneo. Un provvedimento che ha l’effetto immediato di mettere in discussione anche i visti degli studenti internazionali già presenti a Harvard: per non rischiare di perdere il permesso di soggiorno, molti di loro saranno costretti a trasferirsi altrove. La motivazione ufficiale di Noem è che Harvard avrebbe “permesso attività pericolose da parte di agitatori anti-americani, per lo più stranieri”, creando un “campus non sicuro”. La misura rappresenta un’escalation senza precedenti nella battaglia politica tra il mondo accademico e l’amministrazione Trump, già segnata da mesi di tensioni. Solo poche settimane fa, Harvard aveva fatto causa al governo federale per il congelamento di due miliardi di dollari di finanziamenti, sospesi dopo il rifiuto dell’ateneo di adeguarsi alle richieste della task force istituita da Trump per “combattere l’antisemitismo”, accusando l’università di tollerare le manifestazioni pro-Gaza. La Casa Bianca aveva preteso modifiche ai programmi di studio, ai criteri di ammissione e ai criteri per l’assunzione dei docenti, ritenuti troppo “politicizzati”. Nella lettera inviata a Harvard, Noem ha lanciato un ultimatum: l’università ha 72 ore di tempo per consegnare audio e video relativi a proteste o attività giudicate pericolose, minacciose o illegali, compiute da studenti stranieri negli ultimi cinque anni. Secondo Noem, Harvard “alimenterebbe antisemitismo e violenza in coordinamento con il Partito comunista cinese”. Parole pesanti, che mirano non solo a colpire l’ateneo, ma a lanciare un messaggio a tutte le università americane: chi non si conforma, rischia. La reazione di Harvard non si è fatta attendere. Il portavoce Jason Newton ha definito la decisione “illegale e profondamente lesiva della missione accademica dell’università”. “Siamo impegnati – ha dichiarato – a mantenere la capacità di ospitare studenti e ricercatori internazionali, che accogliamo da oltre 140 Paesi e che arricchiscono la nostra università e la nazione intera in modo incalcolabile”. Il rischio per Harvard è altissimo, anche sul piano economico: dei suoi 24.596 studenti, ben 6.800 sono stranieri. Perderli significherebbe un danno non solo accademico ma anche finanziario considerevole. Mentre si prepara un probabile nuovo ricorso legale da parte dell’università, lo scontro si inserisce in una campagna elettorale in cui Trump ha scelto di attaccare frontalmente il mondo accademico, accusandolo di essere un rifugio per “ideologie antiamericane” e “complicità con i nemici degli Stati Uniti”. Una guerra culturale che, ora, mette a rischio anche la libertà e l’indipendenza delle istituzioni universitarie.
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