LIBERALMENTE CORRETTO – Il nuovo pontificato di Leone XIV
Il successore di Pietro, l’agostiniano Prevost, si è dato il nomen pontificalis di Leone XIV.
Prevedibilmente il suo Magistero sarà ispirato alla dottrina di S. Agostino sulla necessaria complementarietà di Fede e Ragione e indirizzato a dare continuità all’insegnamento di Leone XIII, in tema di Dottrina Sociale della Chiesa. È noto che il Padre della Chiesa, Agostino di Ippona, dedicò i suoi studi alla questione dei rapporti tra i due patrimoni spirituali dell’uomo, quello che trascende la sua dimensione terrena e quello che razionalizza le conoscenze empiriche, tratte dall’osservazione dei fenomeni visibili. Tra l’invisibile e il visibile si erge forse una barriera insormontabile oppure la proiezione verso un sopramondo che sfugge ai sensi dell’uomo illumina perfino il cammino della scienza? A questa domanda Agostino dà la seconda risposta, sintetizzata nella frase “intellige ut credas, crede ut intelligas”. Ebbene è proprio questo il nodo da sciogliere, sul quale si misura la capacità della Chiesa di parlare al mondo moderno. Se, come pare, la questione centrale verte sulla “secolarizzazione”
della società, sono necessariamente chiamati in causa proprio i rapporti tra fede e ragione. Il distacco dell’occidente dalle sue radici cristiane ha inizio infatti con la deificazione della razionalità scientifica.
Quando la Dea Ragione disconosce il mondo invisibile, il destino escatologico dell’uomo e la sua natura trascendente, ha inizio una deriva pericolosa i cui esiti nefasti sono sotto gli occhi di tutti. Si sostituisce alla religione dei padri una nuova religione di Stato, laicista e buonista, un nuovo pensiero dominante che assolutizza i suoi feticci; i desideri diventano diritti; sparisce il principio di responsabilità; sparisce la funzione sociale della famiglia, fondata sull’unione di un uomo e una
donna. Emblematica l’oscena cerimonia inaugurale dei giochi olimpici, che ha voluto consacrare innanzi a una platea mondiale la nuova accozzaglia ideologica divenuta “religione”. Assolutizzare la Dea Ragione produce un altro risultato perverso, per certi versi beffardo, evidenziato dal filosofo
Cacciari: l’homo technicus sopravanza l’homo politicus, sicché la politica “pianificatrice”, per eccesso di pianificazione, finisce col non governare i processi sociali. In sintesi la politica assolutista, che rimuove le radici della civiltà e deifica la scienza e la tecnica, genera la sua stessa morte: l’utopia produce la distopia. È ben chiaro inoltre il segno della continuità con il Magistero di Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum, pietra miliare della Dottrina sociale della Chiesa, la quale non è certo un programma politico, ma nemmeno al contempo una summa filosofica politicamente irrilevante. È pensabile che il Romano Pontefice voglia sottolineare nuovamente, come fece il suo predecessore, che le lusinghe del socialcomunismo di oggi sono vane alla stesso modo di quelle di ieri, perché radicate nello stesso humus culturale, nell’ambito del quale la libertà umana risulta subordinata al presunto “Bene” comune, discrezionalmente e ondivagamente individuato dal potere costituito, arbitro monopolista
del Bene e del Male. Non sfugge peraltro un ritorno alla “Tradizione”, simboleggiato in maniera molto chiara fin dal primo istante del nuovo pontificato. Antonino Sala, in un articolo apparso sul quotidiano “L’opinione”, sottolineando l’importanza dei segni della sacralità (ierofania), osserva: “l’apparizione di
Papa Leone XIV, che indossa rocchetto, mozzetta, stola e croce d’oro, connette immediatamente la sua figura alla tradizione bimillenaria della Chiesa Cattolica, incarnando il sacro attraverso simboli che.ne amplificano la manifestazione”. Aggiungiamo che, a nostro avviso, Il ritorno alla Tradizione è molto importante per l’autorevolezza della Chiesa Cattolica. La sua stessa identità di istituzione
universale ed eterna è legata alla condizione che sia riconoscibile, anche esteriormente, come portatrice di un messaggio universale ed eterno. Nel mondo dell’effimero, delle mode mutevoli, dei desideri istantanei, la sua “sacralità” può essere riconosciuta solo a condizione che i segni visibili della
sua presenza mondana non siano mutevoli ed effimeri, in quanto espressione di una trascendenza non effimera né mutevole. Su queste basi, il pontificato di Leone XIV potrà restituire alla Chiesa cattolica il ruolo che le compete nella vita pubblica.
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