Economia

PRIMA PAGINA – Il gioco delle tre corti

di Giovanni Vasso -


Dazi o non dazi, il problema è nel gioco delle tre corti. Lo stop alle tariffe decretato dalla Corte del commercio internazionale è durato, come cantava de André, solo un giorno, come le rose. La Corte d’Appello ha gelato tutto. E ha fermato, in un certo senso, l’ira funesta della Casa Bianca che sarebbe stata disposta a portare l’incartamento davanti alla Corte suprema pur di superare l’impasse. Un ostacolo che, a Trump, ha fatto saltare i nervi. Al punto da scriverci su un lungo e puntuto post su Truth in cui ha bollato la sentenza della Corte del commercio internazionale come un atto “tanto orribile quanto politico” e ha puntato il dito contro i giudici accusandoli di aver emesso un provvedimento “contro Trump”. Ma non è finita qui. Perché The Don ha archiviato in fretta e furia lo scontro interno rivolgendo, di nuovo, i suoi strali alla Cina. Sempre su Truth, Trump ha detto di aver teso la mano a Pechino ma che il Dragone avrebbe “completamente violato” i termini dell’intesa siglata a Ginevra nelle scorse settimane. “Due settimane fa la Cina era in grave pericolo economico, i dazi molto elevati che ho imposto hanno reso praticamente impossibile per la Cina commerciare con il mercato statunitense, che è di gran lunga il primo al mondo: abbiamo, di fatto, tagliato i ponti con la Cina, e questo è stato devastante per loro. Molte fabbriche hanno chiuso e si sono verificati, per usare un eufemismo, disordini civili”. E quindi ha spiegato: “Ho visto cosa stava succedendo e non mi è piaciuto, per loro, non per noi: ho concluso un accordo rapido con la Cina per salvarla da quella che ritenevo una situazione molto grave, e non volevo che ciò accadesse”. Altro che Taco, l’acronimo che bollerebbe la strategia del pollo di Trump e che al presidente avrebbe dato a dir poco fastidio. Insomma, la guerra dei dazi ha più fronti oltre che tre corti. E su quello esterno se la stanno giocando tutti (gli altri). A cominciare dall’Europa. Che dovrebbe fare tesoro delle parole pronunciate dal governatore di Bankitalia Fabio Panetta durante la relazione annuale di Palazzo Koch. “L’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un bienno”, ha spiegato aggiungendo che “negli Stati Uniti l’effetto stimato è circa il doppio”. Gli effetti potrebbero essere importanti per tutti: “I dazi potrebbero comportare una minore domanda di lavoro e un aumento delle pressioni inflazionistiche, stanno inoltre incidendo negativamente sulla fiducia di famiglie e imprese con possibili ripercussioni su consumi e investimenti”. E sarebbe un guaio per un Paese che, come ha certificato ieri l’Istat, cresce nella misura dello 0,3% nell’ultimo trimestre sognando di cogliere un aumento del Pil, sull’anno, inferiore al punto intero (0,7%). In Italia, inoltre, si assiste a una leggera decrescita dell’inflazione che torna all’1,7%. Un ribasso compensato, purtroppo per le famiglie, dall’impennata del carrello della spesa che s’infiamma: +3,1%. La questione, però, non si può risolvere solo in Italia. Ma a livello Ue. E perciò Panetta invita Bruxelles a valutare di fare quel passo in più, di superare il tabù del debito comune per diventare, finalmente, Unione: “Per eliminare alla radice la frammentazione del mercato dei capitali lungo linee nazionali è cruciale introdurre un titolo pubblico europeo con un duplice obiettivo: finanziare la componente pubblica degli investimenti e fornire un riferimento comune, solido e credibile all`intero sistema finanziario”. Per il governatore di Bankitalia “è fondamentale mobilitare capitali privati per finanziare progetti imprenditoriali innovativi e per farlo, è urgente completare la costruzione di un mercato dei capitali europeo pienamente integrato, capace di indirizzare il risparmio verso investimenti a lungo termine e ad alto rendimento atteso, anche attraverso lo sviluppo di fondi di venture capital e private equity su scala continentale”. Tre corti, un gioco. Che può risultare vantaggioso per Bruxelles che, dicono quelli che la sanno lunga, aspetta i giudici e spera che la guerra di dazi si risolva a colpi di sentenze e carte bollate. Ma è un gioco che può cambiare il mondo. Ma, per farlo, ci vuole coraggio. A cominciare proprio dalla vecchia Europa.


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