Politica

Dario Nardella: “Bene disgelo Macron-Meloni, ma con Trump non può fare il doppio gioco. Decreto Sicurezza…”

L'europarlamentare del Partito Democratico a tutto tondo: dai dazi al Dl Sicurezza

di Laura Tecce -


Questo Parlamento che è in carica ormai da mezza legislatura, si è occupato di cose abbastanza ridicole, penso – per citarne una – al reato dei rave party, facendola passare come un’urgenza quando in realtà la priorità per il Paese è il tema del lavoro. Pensiamo al fatto che abbiamo la disoccupazione femminile giovanile che è tra le più alte d’Europa, quindi i referendum che sono uno strumento imperfetto perché abrogano le norme, non portano delle soluzioni, sono però una strada necessaria di fronte all’inattività del Parlamento, in particolare della sua maggioranza”.

Così Dario Nardella, europarlamentare del Partito Democratico a proposito dei quesiti referendari sui quali gli italiani sono chiamati a pronunciarsi domani e lunedì, quattro dei quali riguardano proprio tematiche inerenti al lavoro: jobs act, indennità di licenziamento nelle piccole imprese, contratti a termine e responsabilità solidale negli appalti.

Mi ha citato i rave party, quindi si parla di sicurezza e legalità. Ma lei sa bene, vista la sua pluriennale esperienza da sindaco, quanto in realtà queste tematiche siano sentite dai cittadini…
“Guardi, proprio perché da sindaco mi sono battuto molto per la sicurezza, ho sempre ritenuto che non sia un tema né di destra né di sinistra: è un diritto fondamentale dei cittadini come il principio di legalità, come il diritto alla salute. E anche perché sono ricordato per aver bloccato gli attivisti di Ultima Generazione che stavano imbrattando Palazzo Vecchio, le dico che chi colpisce il patrimonio culturale deve essere sanzionato e non considerato un eroe. Però attenzione: i diritti alla protesta e allo sciopero in una democrazia sono sacrosanti. Non credo che in Italia oggi il problema siano gli studenti universitari che protestano, semmai è lo spaccio, la criminalità organizzata, il fatto che mancano 30.000 unità fra le file di carabinieri e poliziotti o che il numero di rimpatri degli immigrati regolari sia uguale a quello dei governi precedenti, quindi molto basso. Questi sono i veri problemi della sicurezza. E le aggiungo un punto a cui tengo molto: lo stato delle carceri italiane è vergognoso, non solo da un punto di vista dei diritti umani ma anche da un punto di vista concreto. La recidiva in Italia è del 70%, vuol dire che le carceri sono talmente disumane che quando un detenuto esce è più incattivito di quando è entrato. Evidentemente c’è una falla che riguarda il reinserimento sociale”.

Questo mese è denso di appuntamenti internazionali, fra cui il summit Nato nel quale il segretario generale Rutte probabilmente proporrà il 3,5% del Pil per la Difesa. Molti Paesi europei sono già a quel livello, mentre l’Italia è ferma all’1,57%. Il suo partito è contrario… Scelta ideologica?
“Non credo che la nostra contrarietà, o quantomeno perplessità, sia dovuta a questioni ideologiche ma ad aspetti oggettivi. Primo, i Paesi europei messi insieme spendono in spese militari più di Cina e Russia, una spesa militare immensa già ora. La questione semmai è costruire una strategia di difesa comune mettendo insieme le risorse, non riarmare gli eserciti nazionali, né buttarsi in un aumento indiscriminato della spesa per la Nato. Sposare al buio una richiesta di aumento del bilancio senza avere una strategia chiara è una mossa rischiosa. Qual è la strategia diplomatica che abbiamo sul fronte dell’Ucraina? Qual è quella sul Mediterraneo? Ben venga l’impegno alla difesa, ma deve essere basato su un progetto chiaro che deve partire dalla difesa comune europea. La seconda questione è quella di non consentire ai governi europei di rinunciare ai fondi di coesione, cioè i fondi che servono per gli asili nido, per le ferrovie, per le scuole. È una facoltà che i governi hanno ed è sbagliato. La nostra non è un’opposizione di principio, ma di merito”.

Parliamo di un altro tema caldo per il futuro dei rapporti tra Europa e Usa: i dazi. Il recente “disgelo” nei rapporti fra la nostra premier Meloni e il presidente francese Macron può essere letto come un messaggio al presidente Trump?
“Innanzitutto è un bene che Italia e Francia tornino a dialogare in modo stretto, perché sono due Paesi legati da relazioni storiche, culturali e commerciali molto forti. Bene che i leader europei si incontrino, collaborino sempre di più e forse questo è anche il frutto dell’arroganza e delle provocazioni di Trump. Quindi io non sono a priori contrario a tutto quello che fa Meloni, però c’è una cosa che non condivido della sua strategia e cioè l’idea di poter tenere due piedi in due staffe, da un lato lavorare con gli europei e dall’altro proporsi come il vero ponte con gli Stati Uniti e con Trump, perché abbiamo visto purtroppo che con un personaggio politico indecifrabile, imprevedibile, arrogante come il Presidente Usa è difficile costruire un rapporto duraturo. Mentre trovo proficuo quando Meloni si impegna per costruire un’Europa forte e unita nonostante i suoi alleati della Lega che di Europa non ne vogliono sentir parlare. Per quanto riguarda i dazi è evidente che non fanno bene a nessuno, neanche a chi li impone: sono destinati a produrre negli Stati Uniti decrescita, aumento dell’inflazione e riduzione del potere d’acquisto. Trump, che ha già raddoppiato i dazi su alluminio e acciaio a inizio luglio potrebbe far scattere anche gli altri al 25 per cento e l’Europa non può stare con le mani in mano mendicando qualche gesto di commiserazione o di generosità. Dobbiamo essere uniti e mettere in campo una strategia per rafforzare le nostre aziende, i nostri investimenti e usare i risparmi degli europei – 300 miliardi di euro che ora sono nei fondi di investimento americani – nei nostri progetti di investimento in Europa. E mi lasci dire un’ultima cosa: pensiamo ai grandi investitori e alle imprese, ma come fanno a fidarsi di un uomo che cambia idea ogni settimana? Il clima di incertezza e di instabilità generato da questa amministrazione americana è il vero problema”.


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