Riforma della Giustizia all’esame del Senato. Intervista al senatore Adriano Paroli
Senatore Paroli, è ripartito l’iter della riforma della giustizia, ma i tempi che la maggioranza si era data sembrano destinati a essere disattesi.
“No, non è detto. È chiaro che essendo una riforma costituzionale non ci sono tempi contingentati per gli interventi. L’opposizione sta facendo il proprio lavoro, quindi cerca di dilatare il più in là possibile nel tempo l’approvazione al Senato, che dopo quella alla Camera sarebbe il primo passo quasi definitivo. Poi serviranno altre due approvazioni. È anche per questa ragione che il testo al Senato non è stato emendato, non per un capriccio nostro o del ministro, ma perché la legislatura prima o poi finisce e la procedura costituzionale prevede questa doppia approvazione e poi un eventuale, io credo quasi sicuro, passaggio referendario. Il provvedimento sarà in Aula per ancora una o due settimane, poi credo che si interverrà in qualche modo per rendere certi i tempi di approvazione o meno”.
Siete determinati a portare a casa il risultato…
“Il tema è molto chiaro e semplice: sia Forza Italia che il centrodestra hanno la volontà di procedere con una riforma della giustizia. Come abbiamo sempre detto con chiarezza, riteniamo doveroso intervenire facendo in modo che la separazione delle carriere possa diventare un fatto nel nostro Paese. La sinistra non è d’accordo e, secondo me sbagliando, non ha mai portato una propria opinione, una propria sensibilità, ma si è fatta esclusivamente portatrice delle posizioni dell’Anm, che ha voluto contestare e rigettare la riforma. Detto per inciso, la Costituzione prevede che la magistratura sia soggetto solo alla legge, il giudice è soggetto solo alla legge, quindi ha un potere enorme. Questo rende evidente che il magistrato non può farsi la legge da solo. Se uno è soggetto solo alla legge, almeno quella deve spettare al potere politico. Di certo suggerimenti e indicazioni da parte della magistratura sono accettabili, anzi quasi doverosi, ma non la volontà di rifiutare un provvedimento. Anche solo questo dovrebbe farci riflettere su come si stia interpretando in modo sbagliato il ruolo che la magistratura oggi dovrebbe ricoprire”.
Cosa intende di preciso?
“Una minoranza della magistratura, soprattutto attraverso l’Anm, si è sempre posta in modo un po’ politicizzato per cercare di arrivare a un aumento delle proprie competenze, del proprio potere, esondando da quella che invece è la tripartizione dei poteri. Anche a questo bisognerà porre rimedio, per fare in modo che ognuno abbia le proprie competenze e le eserciti adeguatamente. Siamo consapevoli che questa riforma non potrà sanare tutte le carenze della giustizia, però rappresenta un passo in avanti sul fronte della cultura giuridica, sul fatto che si ponga fine alla commistione tra magistratura giudicante e inquirente. Il fatto che non ci sia una separazione ma una convivenza tra chi giudica e chi indaga e poi porta a giudizio una persona, ci induce a fare dei passaggi che riteniamo doverosi”.
Il ministro Nordio ha detto che con la separazione delle carriere la magistratura resterà indipendente dalla politica ma ha sottolineato che, piuttosto, le toghe non sono indipendenti da loro stesse. Cosa voleva dire?
“E’ stato bravo, è una questione che da ex magistrato ha ben chiara. L’aspetto della separazione delle carriere che probabilmente dà più fastidio a qualcuno è il fatto che con la riforma della giustizia il Csm verrà composto attraverso l’estrazione a sorte, che pone fine al potere delle correnti che chiedono i voti per andare al Csm e, con i voti che raccolgono, garantiscono alcuni magistrati dal Csm stesso. Un malcostume gestito dalle correnti, per cui i magistrati rischiano di essere, come ha detto il ministro, assoggettati a loro stessi, a loro categorie, a loro colleghi. Invece, si continua a dire che ci sarebbe l’intenzione di far sottostare il magistrato inquirente all’esecutivo. Non è così ed è stato detto con chiarezza ma, nonostante questo, si continua a ripetere il contrario. C’è una teoria di alcune parti della politica per la quale una bugia ripetuta più volte potrebbe diventare una mezza verità, se non la verità. Questo è il tentativo, questa è la modalità, quindi sappiamo che nonostante questi chiarimenti continuerà una tiritera volta a cercare di affermare cose che non sono vere”.
Lei è stato protagonista di uno scontro a distanza con la collega Lopreiato su Scarpinato. Secondo lei i grillini sulla giustizia utilizzano due pesi e due misure?
“Più di questo. Faccio parte della Giunta delle immunità dalla scorsa legislatura, quindi so bene che il Movimento 5 Stelle ha sempre negato la possibilità a chiunque di avvalersi di una prerogativa che, in un meccanismo di pesi e contrappesi, i padri costituenti avevano dato al Parlamento, l’articolo 68, primo e secondo comma, della Costituzione. I 5 Stelle hanno sempre votato contro qualsiasi possibile interpretazione, poi Scarpinato ha chiesto di avvalersene per chiedere un conflitto di attribuzione. Senza avvalersi dell’articolo 68 primo e secondo comma non avrebbe potuto motivare la sua richiesta di conflitto di attribuzione e la collega Lopreiato sa di mentire e dire sciocchezza negando questa circostanza. Lascio a lei la valutazione sulle dichiarazioni deliranti della collega che probabilmente le sono state chieste da qualcuno e che doveva fare. Però non capisco come si possa continuare a vivere di affermazioni politiche che non corrispondono alla realtà”.
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