Economia

Descalzi tuona: “Vent’anni di cadute in Europa”

Parole di fuoco dell'ad Eni agli Stati generali dell'Energia: "Noi parliamo, gli altri corrono"

di Giovanni Vasso -

CLAUDIO DESCALZI ENI


Se doveste mai incontrare Claudio Descalzi, per carità, non pronunciate mai le parole “sostenibilità” e “neutralità tecnologica” e già che ci siete, andateci cauti nell’evocare l’Europa. Non perché l’amministratore delegato di Eni sia un pervicace nemico del cambiamento, tutt’altro. Ma, semplicemente, perché è stufo di sentir parlare di “stereotipi” che, nel corso del tempo sono diventati, per lui, “contenuti e parole vuoti”. Parole, già. Descalzi, di parole, non ne può proprio più: “Solo da noi si fanno dibattiti sull’energia come questo”, ha dichiarato nel suo intervento agli Stati generali organizzati, alla Camera dei Deputati, da Forza Italia. “Non se ne fanno in nessuna parte del mondo, né in America, né in Asia, nemmeno in Africa o Australia. Da noi, in Europa, invece parliamo e poi andiamo avanti senza ascoltare nessuno, neanche l’industria, gli altri corrono come treni”. L’Europa, per Descalzi, è l’obiettivo numero uno. “Non dobbiamo accusare l’Europa ma convincerla a cambiare direzione. E mi pare che non stia accadendo ma, forse, continueremo a fare convegni come questo”. Una furia, vera e propria. Descalzi azzanna: “Per trent’anni non si è parlato di energia, lo facciamo da due-tre anni perché c’è una guerra”. Eccolo, il tema dei temi: “Si è aperto un fronte nuovo che comporterà la distrazione dei fondi, che erano tanti, destinati alla transizione energetica e che verranno dirottati alla Difesa, alle infrastrutture, alle reti: piuttosto che parlare occorrerebbe capire quanti soldi abbiamo e per fare cosa, stabilire delle priorità”. Il guaio, per l’ad del Cane a Sei Zampe, è che l’Europa vive di convinzioni fin troppo radicate, “stereotipi”, appunto, che stanno azzoppando il continente: “Il problema è che si è tentato di risolvere un’equazione con molte variabili imponendone una sola: tolgo tutto e faccio le rinnovabili, una semplificazione fin troppo incredibile per un problema tanto complesso”. Poi ci si mette pure la burocrazia Ue: “Bisogna tutelare le catene del valore, gli indotti e l’occupazione: abbiamo parlato dell’automotive, va bene investire per l’elettrico ma non va bene imporre regole folli. Ecco, oltre all’elettrico noi investiamo molto nei biocarburanti, e posso dire che è compatibile, senza nessun problema, anche con gli Euro 4, 5 e sei. Ma a Bruxelles non vogliono nemmeno ascoltare, non ci stanno neanche nelle tassonomie”. Insomma, un problema che è insieme burocratico ed ideologico: “Mentre noi dibattiamo, gli altri vanno avanti come treni. Non è che bisogna pensare alla transizione ma bisogna essere pragmatici e utilizzare tutto quello che abbiamo a disposizione. Ma non si fa – accusa Descalzi – perché c’è ancora demagogia, isterismo su alcuni concetti portati avanti per dieci anni e ora si fa fatica a tornare indietro”. Quindi la chiosa: “Mi fa venire il nervoso sentire parole e contenitori vuoti di cui ci riempiamo la bocca: è una cosa che va avanti dal 2000, sono vent’anni di cadute:  l’Ue ha un Pil costante, gli altri lo hanno triplicato. E poi sì, l’Europa è importante come mercato e qui vive il 5% della popolazione del mondo, continuiamo a pensare di essere l’ombelico del mondo e che risolveremo tutto noi e lo faremo in una sola direzione, senza ascoltare nessuno neanche l’industria”.

Accanto a Descalzi, ma un po’ meno desolato per l’operato dell’Europa, c’era Flavio Cattaneo, amministratore delegato di Enel e convitato (reso) di pietra dalle rimostranze di buona parte dei relatori che lamentano i costi eccessivi dell’energia in Italia. Cattaneo ha riferito che “l’unica strada veloce per ridurre i costi” sta “nell’incrementare le rinnovabili”. Quindi ha parlato dei prezzi, delle differenze che ci sono in Europa e ha citato il caso di alcuni Paesi, “anche in Sudamerica”, in cui l’energia “nell’arco dell’anno” impenna arrivando a costare anche il triplo di quello che si paga qui da noi e ha dunque riferito che l’Italia, sebbene cara, almeno ha il pregio della “stabilità”.

Il ministro all’Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha fatto appello al “pragmatismo”, ha riannodato i fili dell’operato del governo tenendo presente che, rispetto agli impegni pregressi assunti dall’Italia, è “passato un secolo” concentrato nei pochi anni del Covid e della guerra. “In certi giorni mi sento più un esperto di comitati che un ministro ma abbiamo l’obbligo di azioni per le famiglie e le imprese e che ci permettono di essere un Paese ricco e di essere protagonisti nella competitività: se siamo tra i primi esportatori al mondo e non è perché facciamo commodities o perché la discriminante è il prezzo, dobbiamo rimanere sulle questioni per restare tra i migliori del mondo e l’energia è tra le discriminanti fondamentali”. Lo scenario a quindici vent’anni ci porta a più di 700 data center, ecco la sfida coi piedi per terra e da portare avanti: aumento rinnovabili e accompagnamento alla transizione”.


Torna alle notizie in home