Esteri

Libano, lunedì Tom Barrack proverà a trovare l’accordo

di Monica Mistretta -


Il 7 luglio si preannuncia una giornata impegnativa per la diplomazia americana in Medio Oriente. Mentre il primo ministro israeliano Netanyahu sarà da Trump alla Casa Bianca, Tom Barrack, ambasciatore statunitense in Turchia e inviato speciale per la Siria, tornerà in Libano. L’incontro diplomatico, che arriva a meno di due settimane dalla sua ultima visita nel Paese, sarà particolarmente delicato. Il 1 luglio, infatti, scadeva, la data ultima concessa alle autorità libanesi per presentare un progetto credibile in vista del disarmo di Hezbollah. La risposta ufficiale di Beirut alle richieste dell’amministrazione americana non è ancora arrivata.

In gioco, come in Siria e a Gaza, ci sono ancora una volta gli aiuti finanziari internazionali per la ricostruzione del Paese. In Libano sono l’Arabia Saudita e il Qatar ad aver promesso supporto economico. Le condizioni per ottenerlo sono quelle presentate da Barrack nel suo documento di sei pagine redatto il 19 giugno: oltre al disarmo di Hezbollah, si chiede una robusta riforma finanziaria che limiti la corruzione e impedisca alla milizia sciita filoiraniana di ricevere nuovi fondi da Teheran.

Il compito per Beirut non è dei più semplici. Hezbollah è uscita militarmente e finanziariamente indebolita dalla guerra con Israele, dopo il cessate il fuoco nel novembre 2024, ma è ancora attiva. Il Libano, che dal 2019 versa in una grave crisi economica, agli inizi di giugno è entrato nella lista dell’Unione Europea dei paesi considerati ad alto rischio per il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Il provvedimento ha messo sotto scacco il Paese, che si preparava a ricevere la visita di Tom Barrack e il via libera alla ricostruzione. E non è certo un caso il fatto che, proprio nel giorno dell’arrivo a Beirut del diplomatico americano, le autorità libanesi abbiano voluto mostrare tutte le loro buone intenzioni sequestrando all’aeroporto Rafic Hariri una misteriosa valigetta con sette milioni di dollari in contanti. Le banconote, destinate a una roccaforte di Hezbollah nel Sud del Libano, erano arrivate dal Congo a bordo di un aereo di una compagnia etiope. A riprova, se ce ne fosse stato bisogno, che Teheran, dopo la caduta dell’alleato Assad in Siria, ha aperto nuove rotte alternative per far arrivare soldi e armi destinati a Hezbollah.

Il piano di Tom Barrack alle autorità libanesi

Pare, tra l’altro, che nel piano presentato da Tom Barrack alle autorità libanesi ci sia anche la questione della linea di demarcazione tra Siria e Libano, che Hezbollah non ha mai voluto fosse ufficiale. Gli oltre 300 chilometri di confini indefiniti con l’ex alleato Assad, trasformati dalla milizia filoiraniana in una rotta sicura per ogni genere di traffici, tra cui il celebre Captagon, non hanno mai avuto un riscontro certo sulla carta. I valichi ufficiali d’accesso, bombardati da Israele, sono attualmente tutti chiusi. L’unico funzionate, quello di al Arida, è stato aperto per volontà del nuovo presidente siriano Al Shara.

Al Sud del Libano, dove le truppe internazionali dell’UNIFIL custodiscono la fragile linea blu del confine con Israele, cinque città sono ancora in mano all’esercito israeliano, che dopo il cessate il fuoco non si è ritirato. I bombardamenti israeliani sono quasi quotidiani in Libano. L’ultimo episodio risale al 3 luglio, quando un drone ha colpito alcuni veicoli nell’area di Khaldeh, a 12 chilometri a sud della capitale libanese. La visita di Tom Barrack a Beirut è tutta in salita. Le pericolose acque libanesi, epicentro di tutti i conflitti mediorientali, rischiano di mettere a dura prova la formula dorata degli Accordi di Abramo, con bilioni di dollari in infrastrutture in cambio dell’espulsione della milizia filoiraniana di turno. E se è vero che in Medio Oriente tutte le strade portano a Beirut, lo scoglio questa volta potrebbe rivelarsi più pericoloso del previsto. Trump e Netanyahu, intanto, mandano avanti il navigatissimo Tom Barrack.


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