Saggia ecologia, dai “No” pregiudiziali ai “Sì” motivati
Quasi sempre, quando si prospetta un intervento umano sull’ambiente, sorgono ambientalisti, autoproclamatisi tali – per opporsi alle opere umane. Queste posizioni si fondano su due pregiudizi: il primo consiste nel considerare ogni intervento umano dannoso per l’ambiente; il secondo, sui cui poggia il primo, è che la natura – alcuni la scrivono con l’N maiuscola quasi a deificarla – sia “buona in sé” e non necessiti di alcun intervento umano.
Questo modo di concepire è irrazionale, analogo a quello del mito settecentesco del “buon selvaggio”, che però poi si rivelava cannibale e tagliatore di teste… così la natura è considerata “buona in sé”, ma poi scatena terremoti, eruzioni vulcaniche, diluvi… i rovi soffocano l’olivo e poi crescendo si autosoffocano… la natura quindi non è ”buona in sé”. Nell’inconscio – mi auguro non nel conscio, poiché ciò sarebbe patologico – degli atteggiamenti del così detto ambientalismo mi pare vi sia una concezione pessimistica, quasi masochistica, sulla specie umana, che farebbe solo danni e che finirà per autoestinguersi…
Non è così!
Da che l’Uomo è comparso sulla Terra, divenendo homo sapiens, ha dovuto convivere con la natura cercando di renderla “buona” e fruire di quanto essa potesse dargli… certo anche commettendo errori e facendo danni, l’Uomo però è in grado, poiché sapiens, di correggere quanto fatto, se fatto male.
Oggi la mano dell’Uomo, che opera sull’ambiente naturale, può divenire “custodiale”, guidata da Etica, Scienza e Tecnologia, porre quindi in atto quanto scritto nella Genesi… Adamo dava nome a tutte le cose, cioè le conosceva e, conoscendole, poteva amarle e custodirle, realizzando una convivenza armonica con l’ambiente, cioè sviluppo sostenibile (poi ci si mise di mezzo il peccato originale, ma è altra questione…).
L’impegno verso lo sviluppo sostenibile, che oggi è ancora più un ideale che non una realtà, non passa però per gli atteggiamenti negazionisti dell’opera umana, con il clamore di gesti vandalici se non addirittura violenti, come quelli dei così detti “attivisti” (chiedo ai giornalisti perché li chiamano cosi? che vuol dire?) che infrangono vetrine, attaccano cantieri, imbrattano monumenti… mossi da un disagio interiore, da una mancata positiva identificazione, che porta alla ricerca della visibilità estrema, contrabbandata cone “ambientalismo”.
In questa iconoclastia sono “aiutati”, posti in un circolo chiuso di coazione a ripetere, dai mezzi di comunicazione, specie televisiva e “social”, che, pensando che questi comportamenti siano notizie, in realtà sono “non notizie”: veicolano, specie nei giovani, una “non cultura” ambientale diffondendo una sorta di “panico ecologico” privo di fondamenta. I gesti vandalici, al limite dell’illegalità, se ignorati cesserebbero.
Occorre superare questa pars destruens e passare ad una corretta cultura ambientale che, di fronte ad ogni problema ambientale – sia di correzione di situazioni non soddisfacenti che di nuove opere -, si ponga nella prospettiva di un esame etico delle ricadute socio economiche, lavorative e occupazionali, legali; che affidi poi l’operatività alla scienza ed alla tecnologia, rendendo edotta l’opinione pubblica delle modalità di progettazione, di realizzazione e, poi, di gestione e manutenzione di ogni “manu fatto”, cioè di ogni realizzazione umana.
Le Istituzioni, democraticamente elette e, si spera, rappresentate da persone preparate, debbono rispondere di quanto autorizzato. Certo le Istituzioni, la politica su cui poggiano, non debbono star dietro alle mode, ricercare la popolarità ed il facile consenso; non debbono scambiare con “diritti civili” i singoli egoismi; non scambiare la “libertà di pensiero” con la diffusione di catastrofismo, fake news, vilipendio… la libertà d’insegnamento con i tentavi di “plagio ideologico” degli studenti; non scambiare l’amore per gli animali con l’animalismo… il superamento del consumismo con la” decrescita felice”; lo sviluppo sostenibile con la burocratizzazione “green” dell’UE… Una “saggia ecologia” è non solo possibile ma è urgentemente necessaria, si fonda su Etica, Scienza e Tecnologia, si ispira al Cantico delle Creature di S. Francesco d’Assisi, che non è un inno “biocentrico” ma un’antropologia rivolta al Creatore.
di ROBERTO LEONI, Presidente emerito Fondazione Sorella Natura e Amici del Creato
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