“In Italia gli infermieri invecchiano, si ammalano e nessuno interviene" ha detto Antonio De Palma presidente del Nursing Up
Un’emergenza silenziosa sta logorando le fondamenta del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Mentre l’Europa investe e rinnova, in Italia il personale infermieristico invecchia senza essere turnoverizzato come logica e speranza vorrebbero. È una crisi quasi strutturale, che le istituzioni a tutti i livelli faticano ad affrontare e risolvere. Eppure, dietro ai numeri ci sono le persone: professionisti stanchi, sovraccarichi e spesso lasciati soli, con potenziali ripercussioni sulla qualità delle cure. Insomma, siamo di fronte a un sistema che non cura chi cura.
E il tempo per invertire la rotta è sempre più stretto. Sentite cosa ha denunciato recentemente Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, uno dei sindacati italiani della categoria infermieristica: “In Italia gli infermieri invecchiano, si ammalano e nessuno interviene. La politica di casa nostra da troppo tempo assiste inerme all’aggravarsi di deficit che ricadono direttamente sulla qualità delle cure e che rischiano di trasformarsi in un tunnel buio e senza uscita L’età media del personale infermieristico del Servizio Sanitario Nazionale ha raggiunto i 56,49 anni. Un dato che pesa come un macigno se confrontato con la media europea, che si attesta intorno ai 41,7 anni”. La differenza è drammatica: “quasi 15 anni in più rispetto ai colleghi europei. E il problema è che nessuno fa nulla». Il report del Nursing Up ha approfondito, in Europa, supportati da fonti autorevoli, i numeri dell’età media di realtà come Germania, Regno Unito, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Paesi Scandinavi, e li ha messi a confronto con il nostro Paese: “ebbene emergono dati che denunciano un risultato allarmante”, dicono preoccupati dall’organizzazione sindacale.
In Germania, l’età media del personale infermieristico è di circa 40,6 anni, e di 41,2 anni nel settore geriatrico; nel Regno Unito, l’età media degli infermieri iscritti agli ordini professionali è di 43 anni e 10 mesi. Mentre in Francia l’età media si attesta tra i 41 e i 43 anni e in Spagna, è di circa 43 anni, con oltre il 53% delle infermiere sotto i 45 anni e solo l’11,8% oltre i 65. E ancora: nei Paesi Bassi, l’età media generale degli infermieri è di circa 42 anni, che sale a 44,9 per l’assistenza domiciliare, infine nei Paesi nordici, come Svezia, Norvegia e Finlandia, i dati oscillano tra i 40 e i 42 anni, con una popolazione infermieristica molto più giovane e distribuita in modo equilibrato.
“Questi numeri – affonda De Palma – testimoniano che l’Italia della professione infermieristica invecchia prima ancora di rigenerarsi. Mentre il resto d’Europa mantiene un’età media tra i 40 e i 43 anni, da noi si superano i 56. E non c’è nessuna strategia di rinnovamento. Un numero elevatissimo degli attuali infermieri andrà in pensione entro 15 anni, e intanto le iscrizioni ai corsi di laurea si sono più che dimezzate, passando da 46.281 nel 2004 a 21.250 nel 2023.
Le università non riescono nemmeno a coprire i posti disponibili. Il risultato? Una categoria esausta, con prospettive zero. E un SSN che rischia il collasso”. Ma, oltre all’età, peserebbero in modo crescente anche le condizioni cliniche dei professionisti in servizio: “Nei Paesi nordici, dove l’età media è molto più bassa, le patologie muscoloscheletriche colpiscono meno del 30% del personale. Da noi? Più del doppio. È un bollettino di guerra che riguarda sia il fisico che la psiche – attacca De Palma –. E intanto la politica parla d’altro, cerca scorciatoie come l’assistente infermiere e guarda all’estero per coprire i buchi, ignorando i nostri infermieri”.
E le difficoltà del comparto infermieristico e sanitario vengono ahinoi confermate anche dalla Corte dei Conti: “Alle carenze di personale nelle strutture pubbliche, si sono accompagnati segnali e andamenti preoccupanti: il mancato ricambio in alcune specializzazioni, le criticità crescenti sul fronte del personale infermieristico anche a causa dell’elevato numero di pensionamenti attesi; le difficoltà di rendere operative le strutture previste per la riforma dell’assistenza territoriale, dove rimane centrale per la funzionalità delle stesse la promozione dell’integrazione e la valorizzazione del ruolo dei medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e specialisti ambulatoriali nei nuovi modelli organizzativi regionali”.
È questo uno dei passaggi più significativi – pagina 122 – della “Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2024” diffusa a giugno dalla Corte dei Conti. Il quadro riservato alla salute “presenta come ogni anno luci e ombre. Se da un lato emergono segnali di miglioramento in alcune aree specifiche, dall’altro persistono criticità strutturali che continuano a condizionare l’efficacia del sistema sanitario nazionale”, scrive il Fnopi, la Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche. Quale, dunque, la ricetta per risollevare le sorti della sanità italiana e del suo personale, in particolare degli infermieri? Il Nursing Up chiede un piano straordinario per il ricambio generazionale, la valorizzazione economica e contrattuale, la prevenzione e il monitoraggio delle malattie professionali. “Non è più tempo di osservare – conclude De Palma -. Il nostro sistema sanitario si sta svuotando di energie e competenze. Non si costruisce il futuro sulla stanchezza e sulla malattia di chi lavora ogni giorno in prima linea. Non possiamo aspettare che tutto crolli per accorgercene”.