Non solo Idf, a Gaza contro Hamas c’è Abu Shabab
Riemerge il piano di evacuazione della popolazione civile da Gaza. In queste ore si apprendono i dettagli inediti del progetto promosso da Trump a febbraio, in occasione della visita del primo ministro israeliano Netanyahu a Washington. Spetta a Israel Katz, ministro della Difesa israeliano, annunciare pubblicamente la creazione di una immensa “città umanitaria”, che dovrà ospitare inizialmente 600.000 palestinesi e, successivamente, in tappe diverse, i 2 milioni di abitanti di Gaza.
La città, che sorgerà sulle rovine di Rafah, al confine con l’Egitto, sarà gestita da non meglio precisate organizzazioni umanitarie. Per accedervi, occorrerà dimostrare di non essere operativi di Hamas. Una volta entrati, tuttavia, non si potrà più uscire. Verrà concessa, invece, la possibilità di emigrare volontariamente dalla Striscia verso altri Paesi. Ed è lo stesso Netanyahu, dal suo viaggio negli Stati Uniti, a completare il quadro: sarebbero in corso trattative con diversi Paesi, pronti a ospitare i civili di Gaza che desiderano abbandonare il territorio, da 22 mesi teatro di guerra. Nessuna indicazione, invece, sulla futura sorte degli operativi di Hamas nella Striscia.
Dai colloqui indiretti a Doha tra Israele e Hamas, ai quali si unirà a breve il mediatore statunitense Steve Witkoff, filtrano pochissime indiscrezioni. Tra le ultime, emergerebbe la questione del cosiddetto corridoio di Morag, che separa la città di Khan Younis nel Sud della Striscia dal confine con l’Egitto. Hamas, che ha ancora in mano la carta degli ostaggi, chiede che l’esercito israeliano si ritiri dall’area. Israele per ora vuole mantenere il controllo. Ed è qui, in questa zona di passaggio con l’Egitto, dove sorgerà la futura città umanitaria, che opera anche il gruppo armato di oltre 100 uomini guidato da Yasser Abu Shabab.
Definito semplicemente come ‘capo beduino’ e descritto dal Consiglio Europeo per le Relazioni estere come il leader di una gang criminale, Abu Shabab, in realtà, è un ex membro delle forze di sicurezza di Al Fatah, l’organizzazione palestinese rivale di Hamas legata all’Autorità Nazionale palestinese di Ramallah. Secondo fonti israeliane, l’uomo sarebbe legato al capo dell’intelligence palestinese, Majed Faraj. Negli ultimi mesi il discusso Abu Shabab ha organizzato un gruppo armato composto prevalentemente da militanti delle ex forze di sicurezza dell’Autorità palestinese nella Striscia.
La sua storia è quella di tanti altri commilitoni di Al Fatah a Gaza. Arrestato da Hamas nel 2007, quando l’organizzazione islamica prese il controllo della Striscia sottraendola all’Autorità Nazionale palestinese, è riuscito a fuggire dal carcere grazie a un bombardamento israeliano nell’ottobre del 2023. Ovvero, nei primi giorni di guerra. Successivamente, insieme al suo gruppo, si è dedicato prima al traffico di droga, poi, con l’ampliarsi dell’emergenza, al furto degli aiuti umanitari. Domenica in un’intervista alla televisione pubblica israeliana in lingua araba Makan, Yasser Abu Shabab ha ammesso per la prima volta che le sue forze stanno cooperando attivamente con l’esercito israeliano.
Attualmente, il suo gruppo, rappresenta il primo movimento armato di opposizione ad Hamas nel Sud della Striscia. Opera prevalentemente tra Rafah e Khan Younis, ovvero nel corridoio strategico di Morag, controllato da Israele. Non è chiaro, invece, quale sia il livello di coordinamento del suo gruppo con le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale palestinese di Ramallah. In merito agli accordi per il cessate il fuoco in corso a Doha, Abu Shabab nel corso dell’intervista alla televisione israeliana non ha mostrato esitazioni. “Se ci sarà una tregua, noi proseguiremo il nostro lavoro: non importa il costo del sangue che dovremo pagare. Non rispetteremo alcuna tregua… quest’ultima riguarderà solo Hamas e l’esercito israeliano”.
Non ci sono dubbi: qualunque sia l’esito degli accordi indiretti di Doha, a Gaza le armi non si fermeranno. E la città umanitaria di Rafah è destinata a sorgere proprio nel bel mezzo del nuovo campo di battaglia tra le due fazioni rivali palestinesi.
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