Alla fine è tutta una questione di denaro e neppure i dazi, o forse soprattutto le tariffe, non sfuggiranno dalla regola. Donald Trump, in una riunione di gabinetto trasmessa live dalla Casa Bianca, ha detto ai suoi segretari e collaboratori che “enormi quantità di denaro entreranno nel nostro Paese”. Soldi che il segretario al Tesoro, Scott Bessent, s’è premurato di contabilizzare a beneficio dei colleghi e del pubblico in streaming. “Dal secondo semestre” si attendono “entrate da cento miliardi di dollari”. Ma non sarebbero che numeri per difetto dal momento che, proprio Bessent, ritiene di potersi aspettare che gli incassi dai dazi “superino di gran lunga i 300 miliardi entro la fine dell’anno” e che possano assommare a 2.800 miliardi di dollari in dieci anni. Un oceano di denaro, tutto grazie ai dazi.
Prima di fregarsi le mani e di contare i soldi, però, bisognerà concludere al meglio gli accordi e le trattative ancora in piedi. A cominciare da quella con l’Ue. “Prima ci accordiamo, meglio è per tutti”, ha dichiarato il commissario all’Economia Valdys Dombrovskis. La novità è che Trump ha dato (ancora) tempo agli interlocutori per trattare: “Abbiamo lavorato con la scadenza del 9 luglio in mente, ora sembra che gli Usa abbiano rimandato la scadenza al primo agosto, cosa che ci dà un po’ più di tempo”, ha affermato Dombrovskis. Una buona notizia, per Bruxelles. L’importante, come ha sottolineato il commissario Ue, è che si diradi l’incertezza che sta davvero facendo male ai mercati (di tutti, anche in America) e che getta ombre e ansie sul continente alle prese con la necessità di dover cambiare passo quanto prima su tante, forse troppe, aree: dalla Difesa fino all’innovazione, passando per l’industria e la sfida della produttività. Dazi e denaro. Alla fine, è una questione di soldi. Tanti soldi. Anche per l’Ue. Che sta tentando di raggiungere un accordo per evitare di ricevere posta, come accaduto al Giappone e alla Corea del Sud. Le Borse europee, con uno spazio di tempo maggiore, tirano un sospiro di sollievo e si mostrano fiduciose, chiudendo tutte sopra la pari. Milano, trascinata dai bancari, chiude a +0,77%. Oggi, però, potrebbe diradarsi la nebbia attorno alle condizioni. I nodi, oltre alle percentuali tra il 10% (più probabile) e il 17% (solo per alcuni settori evidentemente strategici), riguardano anche gli eventuali controdazi. Berlino, che non parla mai a vuoto, ha fatto sapere che l’Ue non dovrà restare a guardare se dall’America verranno prese iniziative unilaterali. Insomma, Merz si allinea con Ursula: tutti uniti e compatti per mostrare forza all’alleato d’oltre Oceano. E, comunque, di tempo per trattare ce ne sarà ancora.
Ma stavolta il termine sarà definitivo. The Don, infatti, vuole smentire i critici che gli hanno affibbiato il nomignolo Taco, Trump always chickens out, prendendosi gioco dei continui rinvii e sospensioni quando il gioco inizia a farsi duro e di tempo non sembra essercene più per nessuno: “I dazi inizieranno a essere pagati a partire dal 1° agosto 2025. Non vi è stata alcuna modifica a tale data e non vi saranno modifiche. In altre parole – ha scritto su Truth – non saranno concesse proroghe”. Perché alla fine è una questione di soldi, tanti soldi. Anche i dazi, sono una questione di denaro. E quelli servono a tutti. Anche, o forse soprattutto, all’America che ambisce a diventare “great again”.