Politica

Veneto: Zaia tiene, Tajani rilancia Tosi ma FdI alza il muro

Si gioca prima della campagna elettorale la partita sul prossimo candidato alle Regionali

di Ivano Tolettini -


Anche se non può più correre per un terzo mandato, Luca Zaia tiene in pugno l’agenda politica del Veneto. E lo fa con la sua solita cifra: tono pacato, parole calibrate, ma pesanti come pietre. Ma senza imbarazzo. “Una mia lista può valere il 40-45%”, dice.

Non è una minaccia, ma un messaggio. Diretto, elegante, eppure dirompente. Un segnale a chi vorrebbe archiviarlo come “presidente uscente” e già pensa a un Veneto post-Zaia. Il destinatario? Più che Giorgia Meloni, è Matteo Salvini. Il suo segretario, il suo ex alleato, oggi sempre più lontano, al di là delle parole soft. I due hanno convissuto, ma non si sono mai davvero riconosciuti. Uno costruiva consenso sui toni civili, sulla gestione pandemica, sull’autonomia. L’altro agitava mojito e ruspe quando regnava, prima di spostare la Lega sulla destra-destra. Ora, mentre il leader della Lega guarda al Sud e al ponte sullo Stretto, Zaia rimette il Nord al centro. E lo fa con quella cifra di consenso che ancora lo rende l’uomo più popolare d’Italia. Dietro il sipario, la tensione è forte.

A chi gli chiede se intenda usare la lista come ricatto, Zaia replica con una smorfia: “Non si tratta di strumenti politici. È uno strumento di adesione. Serve rispetto per chi ci vota, anche oltre gli schieramenti”. Il “messaggio nella bottiglia” è chiaro: senza di me, il Veneto non si vince. Ma non è l’unico messaggio della giornata.

Veneto, Zaia tiene botta ma Tajani rilancia il suo candidato

Da Roma, anche ieri il vicepremier Antonio Tajani, leader degli azzurri, raccoglie il pallone lanciato nell’area del centrodestra e lo rilancia con un altro nome: Flavio Tosi. “Non vogliamo imporre nulla, ma nemmeno subirlo”, avverte il leader di Forza Italia. “Tosi è stato sindaco di Verona, assessore regionale alla sanità, parlamentare nazionale ed europeo. Ha esperienza, sa amministrare. È la nostra proposta per il Veneto”. Parole che suonano come un altro messaggio indiretto a Salvini. Forza Italia non intende fare da comparsa nel risiko veneto. E Tajani, che nelle Marche sostiene con determinazione la riconferma di Acquaroli, chiede rispetto anche per il peso specifico del suo partito. “Ci siederemo attorno a un tavolo – aggiunge – ogni forza politica farà la sua proposta. Noi sosterremo il candidato del centrodestra, chiunque esso sia. Ma deve essere una scelta condivisa, non imposta”.

Il tono è conciliante, il contenuto tutt’altro che neutro. Con Tosi in campo e Zaia ancora in cabina di regia, il mosaico si fa complicato (anche perché i due notoriamente si sono sempre detestati). E a complicarlo ulteriormente ci pensano i plenipotenziari veneti di Fratelli d’Italia, che a Mestre – durante un convegno sul turismo – mettono il punto fermo che mancava. Sono il senatore Luca De Carlo, coordinatore veneto di FdI, possibile candidato, e il capogruppo alla Camera, Raffaele Speranzon, che parlano con misura, ma non lasciano margini di ambiguità. “Mai vista una lista col nome di un ex presidente”, taglia corto Speranzon. E De Carlo rincara: “Se il candidato sarà nostro, ci sarà la lista del presidente. Ma del presidente in carica, non di quello uscente”.

Tradotto: Fratelli d’Italia non accetta che Zaia si ritagli un ruolo da kingmaker con un listone civico personale. Il suo tempo è finito, dicono. E con garbo istituzionale, lo collocano nel passato. Nessun attacco diretto, nessuna polemica. Solo una porta chiusa con la maniglia d’argento. FdI, che in Veneto ha preso il 38% alle Europee, vuole prendersi anche la guida della Regione. E intende farlo con un proprio candidato, che verrà scelto a settembre. Senza pressioni. Senza ombre. E soprattutto senza Zaia che detta l’agenda. Peccato che, al momento, sia proprio lui a tenere in ostaggio l’unica variabile che conta: la data del voto.

Già, perché sarà proprio il presidente uscente a fissare – come da prassi statutaria – il giorno delle elezioni. E più passa il tempo, più la sua figura resta centrale. FdI preme per definire il quadro entro settembre. Ma intanto Zaia gioca a nascondino col calendario. Una forma di potere silenziosa, ma reale. L’ultima. E forse la più sottile. Sul fronte opposto, il centrodestra predica unità. FdI ricorda i disastri delle divisioni a Verona e Vicenza, dove le corse parallele hanno favorito il centrosinistra. Ma sotto la superficie, l’intesa è tutt’altro che scontata. La Lega rischia di esplodere tra fedeltà a Salvini e nostalgie zaiane. Forza Italia vuole contare. E FdI sente il profumo della conquista. Tutti vogliono decidere. Ma nessuno sa ancora come. E Zaia, come un giocatore che non vuole più correre, ma vuole ancora distribuire le carte, resta al centro del tavolo. Guarda. Tace. Ma non molla. Il re è nudo, ma cerca di comandare. Forte di un consenso personale di almeno il 40%. Che imbarazza.


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