Attualità

Prima lo stupro e poi la diffusione del video: il suicidio di Alice Schembri

Violentata da quattro ragazzi nel 2015 non era riuscita a superare il trauma

di Priscilla Rucco -


Il 18 maggio del 2017, siamo in Sicilia, un messaggio lanciato su Facebook da Alice Schembri, poco prima del suicidio. Un volo verso la morte, dalla rupe Atenea, per liberarsi da un peso troppo grande che non si poteva raccontare e, che al tempo stesso, non le permetteva più di andare avanti. Una società che troppo spesso ignora il dolore e si volta dall’altra parte, quando avvengono le violenze e gli stupri. Per comprendere questa storia, dobbiamo tornare ancora indietro nel tempo e precisamente nel 2015, quando Alice viene violentata da 4 ragazzi (di cui due, all’epoca dei fatti minorenni) che, per fermare quella “bravata”, avevano perfino girato un video, immagini finite in rete che avrebbero gettato chiunque nel panico, nell’ulteriore sofferenza, nel vuoto che solo la violenza sa creare e nel nulla che ti ingoia, giorno dopo giorno divorandoti e consumandoti.

L’umiliazione per la violenza, per le immagini e per una giustizia che, ad oggi non è mai arrivata. Allo stato attuale, due sono i prosciolti e due attualmente, ancora a processo (perché maggiorenni, all’epoca dello stupro), a carico di uno dei due uomini c’è addirittura l’accusa di tentata estorsione, poiché avrebbe cercato di ricattare (all’epoca dello stupro di Alice), economicamente anche un’altra minorenne, in cambio del silenzio (e quindi della probabile non diffusione), per una foto sessualmente esplicita. I ragazzi che, all’epoca dei fatti erano minori, hanno potuto usufruire della “messa alla prova”, ovvero la possibilità di un istituto previsto dalla giustizia minorile e pochi giorni fa, proprio per il completamento della messa alla prova, sono stati totalmente prosciolti poiché dichiarati estinti dai reati precedentemente contestati di: “violenza sessuale di gruppo e diffusione di materiale pedopornografico”, dalla giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, Antonina Pardo.

Nel corso degli anni, durante la ricostruzione dei fatti, gli inquirenti arrivarono (attraverso le intercettazioni ottenute nella prima fase, quella investigativa) a dimostrare lo stato di alterazione da alcol, in cui si trovava Alice Schembri che, aveva più volte espresso il proprio dissenso a quei ragazzi, che ne hanno abusato vigliaccamente. A seguito del suicidio di Alice Schembri, la Procura di Agrigento aveva aperto un fascicolo (dopo poco archiviato), per “istigazione al suicidio”, ma solo successivamente, attraverso ulteriori indagini venne scoperto il video dell’abuso su un telefono appartenente ad uno dei quattro indagati.

Dopo lo stupro, il video dello stesso girato tra amici e diffuso in rete, il suicidio della ragazza abusata e nessuna certezza, due anni fa, nella Giornata Internazionale della donna (8 marzo 2023), su iniziativa del Club Agrigento e nell’immediato riscontro positivo del Consiglio di Istituto e del Dirigente Scolastico Patrizia Pilato, è stata intitolata proprio ad Alice, l’aula laboratorio linguistico del Liceo Scientifico Leonardo di Agrigento, che la ragazza frequentava, alla presenza di Franco Miccichè, Sindaco di Agrigento e della famiglia della giovane ragazza e proprio la famiglia di Alice Schembri (costituita Parte Civile e seguiti dall’avvocata Santina Nora Campo), dopo troppi anni, ancora non ha ottenuto giustizia, mentre le parole di Alice Schembi, lasciate su fb poco prima di uccidersi, riecheggiano in tutta la loro sofferenza: “Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte. Quello che mi è successo, non poteva essere detto. Io non potevo. E questo segreto dentro di me, mi sta divorando. Non sono una persona che molla, ma questa volta non posso lottare. Perché non potrò averla vinta mai, come però, non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così”.


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