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Hermès, Patek Philippe, Ferrari: qual è l’investimento migliore e come si fa a far parte di coloro che possono permetterselo

Oltre il denaro, la passione, la capacità di inserimento in un sistema esclusivo e la credibilità

di Monica Marini -


Hermès, Patek Philippe, Ferrari. Tre nomi che evocano un mondo dove il lusso non è semplicemente possesso, ma rituale, appartenenza, identità. Eppure, il punto essenziale per comprenderli è che non bastano i soldi. Anzi, spesso il denaro in sé è la condizione necessaria ma non sufficiente. Ciò che davvero conta è la passione, la capacità di inserirsi in un ecosistema esclusivo che premia la dedizione e la credibilità personale più di un semplice bonifico.

L’investimento migliore: un concetto relativo

Domandarsi quale tra questi sia “l’investimento migliore” significa prima di tutto stabilire cosa intendiamo per investimento. Se si guarda alla rivalutazione nel tempo, il paragone è serrato:

  • Hermès con la sua iconica Birkin e la Kelly rappresenta uno dei pochissimi casi in cui una borsa può crescere di valore in maniera sistematica. Alcune edizioni limitate, specie in pellami esotici e con dettagli in metallo prezioso, hanno reso fino al +200% in un decennio. Non è raro che una Birkin nuova, acquistata “al prezzo retail”, diventi immediatamente un bene scambiato in asta a cifre ben superiori.
  • Patek Philippe, in particolare i Nautilus e i modelli con complicazioni, ha registrato una crescita di valore impressionante. Il Nautilus 5711, per anni venduto sotto i 30.000 euro, ha superato i 100.000 euro di quotazione sul mercato secondario prima che la produzione fosse interrotta.
  • Ferrari, con le serie limitate (LaFerrari, Enzo, F50, Monza SP1/SP2 oltre alla Daytona e l’ultimissima SF 80), è un asset che combina il collezionismo automobilistico con un potenziale di rivalutazione concreto, ma fortemente legato a condizioni di mantenimento, chilometraggio, certificazioni e – anche qui – alla capacità di accedere alla lista clienti.

Non esiste una risposta univoca, perché il migliore investimento dipende dal proprio profilo: l’amante dell’arte meccanica e dell’auto sportiva punta sulla Ferrari, il collezionista di orologi di alta orologeria predilige Patek Philippe, mentre chi desidera un oggetto iconico, più facile da conservare e da liquidare, si orienta verso Hermès.

Il paradosso dell’accesso: non è una questione di ricchezza

Il dato più affascinante è che tutte e tre queste icone hanno un comune denominatore: la scarsità programmata. Il nome tecnico di questa strategia è artificial scarcity (scarsità artificiale), una forma di marketing che crea un senso di desiderabilità permanente. Il concetto si fonda su tre pilastri:

  1. Accesso selettivo – Essere cliente Ferrari di serie limitata significa avere già posseduto diverse vetture del marchio e aver dimostrato di saperle custodire (non rivenderle subito). Allo stesso modo, un Nautilus non si ottiene entrando in boutique con un assegno in bianco. Bisogna avere uno storico di acquisti e un rapporto con il concessionario.
  2. Percezione di rivalutazione immediata – La sensazione che appena uscito dalla boutique, l’oggetto valga di più di quanto l’hai pagato. È questo uno dei meccanismi psicologici più potenti che alimentano la caccia spasmodica al prodotto.
  3. Comunicazione di esclusività perpetua – Sold Out cronico, attese pluriennali, liste d’attesa chiuse. Tutto contribuisce ad alimentare l’idea che chi ne è in possesso appartenga a una cerchia irripetibile.

In questo quadro, i super miliardari che desiderano “comprare subito” possono farlo, ma spesso pagando un sovrapprezzo al mercato parallelo. È paradossale: chi ha “solo” un alto reddito costante e una passione vera rischia di essere più premiato di chi è semplicemente pronto a staccare un assegno. In altre parole, se non si entra nel “giro giusto” e non si dimostra una storia di acquisti coerente, si resta fuori.

Come si diventa collezionisti riconosciuti

La prima regola è comprendere che ci si muove su un piano relazionale, non finanziario. Questo significa:

  • Costruire un rapporto con il brand – Che sia la concessionaria Ferrari di fiducia o il rivenditore Patek Philippe autorizzato, ogni acquisto dev’essere parte di una narrazione che testimonia passione e continuità.
  • Accettare i tempi di attesa – Se chiedi “quanto devo aspettare?” sei già considerato un outsider. La pazienza è parte integrante del rito.
  • Curare la reputazione di collezionista – Rivendere subito un prodotto per fare cassa è un gesto che i marchi annotano, penalizzando chi lo fa con l’esclusione dalle future assegnazioni.
  • Partecipare alla community – Eventi, aste, serate private, presentazioni. Non sono inutili mondanità, ma tappe fondamentali per diventare un cliente “di casa”.

Hermès, Patek Philippe e Ferrari sono marchi che hanno elevato l’artificial scarcity a una forma d’arte. Non è tanto il prodotto a determinare l’investimento migliore, ma il percorso per ottenerlo. Solo chi dimostra di comprendere questa logica – fatta di passione, pazienza e rispetto delle regole implicite – entra nel circuito virtuoso in cui l’oggetto acquistato oggi non solo aumenta di valore domani, ma certifica la propria appartenenza a una cerchia dove il denaro, per una volta, non basta da solo.

Per chi desidera entrare, il primo passo non è guardare il conto in banca, ma chiedersi se si ha la costanza e l’entusiasmo necessari a far parte di una lunga storia di eccellenza e desiderio. Solo allora si potrà dire di aver fatto il vero investimento.


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