PORTO TERMINAL CROCIERE CERIMONIA DEL MAIDEN CALL' IN OCCASIONE DELLA PRIMA TOCCATA DI EXPLORA I A BARI TIR CAMION CISTERNE
Blue economy: ci vuole coraggio e occorre che Bruxelles, ancora una volta, si dia una mossa. Perché il mare, per l’Italia, non è solo una figura retorica, un bel tramonto da incorniciare in una storia di Instagram. È un tesoro che dà lavoro a più di un milione di persone, una certezza per oltre 232mila imprese, una ricchezza che vale, compreso il valore attivato nel resto dell’economia, qualcosa come 216,7 miliardi, somma pari all’11,3 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Di mare, o meglio di Blue economy, se ne è parlato al Blue Forum di Roma. Il messaggio che è partito dal quarto summit nazionale è diretto a Bruxelles. C’è bisogno di sburocratizzare, velocizzare e pianificare, con la relativa certezza di non finire impastoiati tra mille regolamenti, ricorsi e leggine, se si vuole fare del mare una risorsa ancora più strategica e futuribile per l’economia italiana e, di conseguenza, per quella dell’intera Ue. Un tema, questo del mare, gigantesco. Che parte dalla logistica, passa ovviamente per le infrastrutture, facendo un giro intorno ai temi dell’energia per sbarcare, infine, nel settore primario, della pesca. In questo momento, sotto i riflettori, ci sono gli investimenti da fare nei porti italiani. Da anni si parla di renderli hub della transizione, piccole centrali energetiche autosufficienti e capaci, anzi, di rifornire di elettricità. Ora, con i venti di guerra che incombono e gli scenari che penalizzano quelli del Nord, a cominciare dallo scalo di Rotterdam, per i porti italiani ci può essere un’altra occasione di rilancio. E poi c’è la grande questione della cantieristica navale. Andrea Prete, presidente Unioncamere, ha parlato di “scelte coraggiose” che diventano necessarie, oggi più che mai: “L’economia del mare è una somma di tante economie che hanno un filo conduttore, il mare. C’è quella della cantieristica, l’alberghiero, il settore delle crocierie, quello dei porti, della pesca, dell’accoglienza e della ristorazione. I numeri sono importanti: oltre un milione di occupati, oltre 2 miliardi complessivi. Tutto questo comparto è cresciuto ed è attento ai temi della sostenibilità e dell’ambiente. E anche nel Mezzogiorno l’economia del mare sta crescendo. Servono scelte coraggiose su questa direttrice”. Giovanni Acampora, presidente Assonautica, gli ha fatto eco: “Occorrono scelte coraggiose, non possiamo rimanere al palo rispetto a certe situazioni. Tra queste anche il Ponte sullo Stretto. Occorre lavorare sull’innovazione, sull’Intelligenza artificiale, sull’investimento tecnologico”. Il viceministro al Mit Edoardo Rixi ha spiegato: “I cambiamenti geopolitici fanno sì che sia un collegamento non tra due nazioni, ma tra interi continenti. In un momento in cui anche le linee di comunicazione e le linee logistiche cambiano rapidamente, l’attenzione a livello mondiale sul mare è altissima”. E quindi ha aggiunto: “Fortunatamente il nostro Paese ha un grande know-how su questo. L’Europa è il continente che ha più navi. L’Italia, all’interno dell’Europa, è uno dei Paesi che è più sviluppato nel settore della blue economy, dalla cantieristica navale, alla nautica di diporto, fino allo shipping. È chiaro che in questo momento noi stiamo chiedendo anche a livello europeo di cambiare il paradigma, di consentire anche di intervenire sulla nostra cantieristica in maniera massiva: basta pensare che l’85% dei cantieri navali, dei bacini per la costruzione e il refitting delle navi è tra Cina e Corea, solo il 7% è in Europa”. C’è bisogno di un colpo di reni e, questa necessità, la ha sottolineato nel suo intervento il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida: “La vera sfida è valorizzare il mare in una nazione che ha tre quarti della sua esposizione di confine sul mare. È la nostra risorsa cardine, se riusciremo a sfruttarla ancora meglio”. Per Lollobrigida, le politiche Ue “non sempre tengono conto delle esigenze delle singole nazioni” ed è stato proprio per questo se “alcuni porti abbiano perso la loro vocazione alla pesca”. Ma il ministro rivendica: “Siamo riusciti, nell’ultima trattativa, a segnare uno straordinario risultato: per la prima volta abbiamo fermato la scellerata scelta di ridurre lo sforzo di pesca, che aveva l’unico effetto di diminuire le nostre imbarcazioni. Abbiamo restituito speranza e sostenuto economicamente il settore fin dall’inizio, mettendolo sullo stesso piano dell’agricoltura”.