Politica

La vittoria con perdite di VdL: consenso ai minimi e cambiale green

di Giovanni Vasso -


Ogni vittoria ha un prezzo, anche per VdL. Certo, la mozione di sfiducia non è passata. E, in fondo, nessuno s’aspettava che potesse farlo. Ma il guaio, per Ursula von der Leyen, resta. Ed è gigantesco. Il Parlamento conta pochino, nell’architettura comunitaria, per carità. Ma i gruppi hanno forza e volontà, idee chiare e sanno trattare. In pratica, come ventila Politico, vincere il voto di ieri a Strasburgo, oltre a segnare il (vero) inizio del suo secondo mandato, non rappresenta un’affermazione netta ma, anzi, apre un nuovo giro di cambiali, politiche, firmate ai partiti del centrosinistra che si sono impegnati a sostenere Ursula in cambio del rafforzamento del Green Deal. Lo stesso che, ieri, gli industriali francesi e italiani riunitisi al Forum indetto da Medef e Confindustria, hanno deplorato chiedendo un cambio di passo rispetto al baratro fotografato, tra gli altri, dagli ultimissimi dati Istat sulla produzione che inchiodano l’Italia al -3,8% sull’anno. Ursula ha vinto, e giustamente esulta su X. Ma il conteggio dei voti non è stato esattamente la cronaca di un trionfo. I membri della Camera di Strasburgo sono 720. Hanno votato soltanto in 553. Il fronte pro-Vdl ha retto con 360 voti contrari, l’opposizione dei Patrioti non è riuscita a convincere più di 175 deputati mentre altri 18 hanno scelto la via dell’astensione. Quando a Ursula fu data la fiducia per il suo mandato bis, a luglio scorso giusto un anno fa, ebbe – a scrutinio segreto – ben 401 voti favorevoli. Consenso già magrolino, ulteriormente messo a dieta, qualche settimana dopo, quando si votò la fiducia alla sua commissione. Che passò con 370 sì, appena dieci in più della maggioranza assoluta. Il dato più basso di sempre nella storia del Parlamento europeo. Solo cinque anni prima, di voti favorevoli, ne aveva avuti 461. L’astensione è il dato saliente della votazione di ieri. C’è chi, come Tarquinio (Pd), s’è astenuto contro “il bellicismo” della Commissione in contrasto con le indicazioni del suo stesso gruppo. C’è chi, Fdi e una parte rilevante del gruppo dei Conservatori, ha scelto di disertare l’aula mentre i colleghi votavano sì. E poi c’è chi, come Lega e M5s, si son ritrovate a votare contro Ursula seppur per ragioni diverse. Il dato politico è che i socialisti e i verdi hanno ottenuto la possibilità di pesare di più sulle scelte della Commissione, a cominciare dal Green Deal. Per Ursula le cambiali, come gli esami per Eduardo De Filippo, non finiscono mai. Il problema è che, alla lunga, andranno scontate. E un cambio, l’ennesimo, di direzione politica in un momento che lei stessa ha definito “di instabilità e imprevedibilità globale”, in cui “l’Ue ha bisogno di forza, visione e capacità di agire” può risultare un azzardo. Grande, troppo grande. Persino per lei, persino per VdL.


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