Montagne d’Italia, il fronte invisibile della crisi climatica: l’allarme di FederBIM
Intervista a Gianfranco Perdezolli, Presidente della Federazione Nazionale dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano
Sicurezza idrogeologica, cambiamento climatico, mitigazione del rischio, turismo e valorizzazione delle aree montane. L’identità ne ha parlato con Gianfranco Perdezolli, Presidente della FederBim, la Federazione Nazionale dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano – diffusi su tutto il territorio nazionale – che rappresenta a livello centrale le problematiche dei vari Consorzi BIM, riconoscendo un ruolo strategico alla montagna e promuovendone il suo sviluppo.
Con questo intento, FederBIM unisce i territori della montagna, interessati da bacini imbriferi montani così come riconosciuti dalla Legge allo scopo di dargli voce per intraprendere azioni volte allo sviluppo e alla valorizzazione dell’ambiente montano nel suo complesso. Ad oggi sono circa 2mila i comuni montani rappresentati.
Presidente Pederzolli, quale è la posizione di FederBIM sulla gestione delle concessioni idroelettriche? Persistono criticità?
“La gestione delle concessioni idroelettriche è a un punto di svolta. Entro il 2029 scadrà l’86% delle concessioni oggi attive, molte delle quali prorogate più volte, in attesa di una riforma organica mai arrivata. Dopo il ritiro della procedura d’infrazione e la legge Draghi, l’Italia è formalmente impegnata a ricorrere alle gare, in varie forme. Ma il sistema, oggi, non è pronto. Persistono criticità strutturali: un quadro normativo incerto, competenze regionali disomogenee e – soprattutto – la mancanza di un sistema pubblico di conoscenza del comparto. FederBIM denuncia da tempo l’assenza di un centro di competenza nazionale, pubblico, in grado di mappare risorse, opportunità e vincoli, e di supportare scelte strategiche condivise. Un simile centro dovrebbe coinvolgere non solo Stato e Regioni, ma anche gli enti locali e i Consorzi BIM, che da oltre 70 anni rappresentano i comuni montani interessati dalle captazioni idroelettriche. Sono questi territori a ospitare gli impianti, senza più benefici concreti in termini di sviluppo economico o occupazione. Il rischio è che, anche con le gare, i vantaggi vadano solo ai produttori, mentre per le comunità locali tutto resti com’è. Per FederBIM il punto non è la forma giuridica del rinnovo, ma il merito delle scelte: investimenti, compensazioni, sicurezza, gestione della risorsa e adattamento climatico devono essere condivisi con il territorio. La nostra adesione al Manifesto per un idroelettrico sostenibile promosso da Elettricità Futura va in questa direzione: promuovere un approccio collaborativo tra imprese e istituzioni, per un idroelettrico davvero sostenibile”.
Quali sono le priorità infrastrutturali nei territori montani per la sicurezza idrogeologica?
“Come FederBIM, riteniamo che la sicurezza idrogeologica sia una priorità assoluta. I comuni montani da cui proviene l’acqua che alimenta il sistema idroelettrico nazionale sono sempre più esposti a frane, alluvioni e fenomeni erosivi. I Consorzi BIM destinano a questo ambito una parte significativa del gettito derivante dal sovracanone, ma si tratta di risorse ancora troppo limitate. La salvaguardia a monte consente di ridurre i danni a valle: il dissesto idrogeologico non può essere considerato un problema solo della montagna. Serve una svolta: uscire dalla logica emergenziale e investire in prevenzione, con formule finanziarie che anticipino gli interventi invece di rincorrere i danni. Sono necessarie manutenzione continua, monitoraggio, infrastrutture coerenti con le specificità locali. E soprattutto un approccio più integrato, che coinvolga le comunità: piani di emergenza, sistemi di allerta, sensibilizzazione e partecipazione diretta dei cittadini sono strumenti indispensabili per la resilienza”.
Le risorse nazionali sono adeguate a fronteggiare le crescenti criticità ambientali?
“No, non lo sono. Il problema non è solo quantitativo, ma di impostazione. Manca una visione sistemica e di lungo periodo per affrontare le trasformazioni in atto. Tra il 2013 e il 2020 l’Italia ha speso 9,2 miliardi di euro in prevenzione, a fronte di oltre 22 miliardi di danni. Nel 2024, si sono già registrati più di 300 eventi climatici estremi. Eppure, la spesa per la tutela ambientale resta inferiore a 500 milioni di euro l’anno, mentre le perdite superano largamente il miliardo. FederBIM sottolinea la necessità di rafforzare la manutenzione dei bacini montani, la gestione forestale, la cura delle risorse idriche. Sono azioni rapide, efficaci e meno costose della riparazione dei danni. Per questo servono: un patto nazionale per la resilienza ambientale; una dotazione pluriennale stabile per le aree montane, riconosciute come serbatoi ecosistemici; una governance più intelligente, che valorizzi il ruolo dei Consorzi BIM, radicati sul territorio e capaci di agire con tempestività e risorse proprie. Solo così potremo passare da un approccio reattivo a una vera strategia preventiva”.
Turismo e aree montane: quali opportunità?
“Il turismo è una leva fondamentale per rilanciare le aree montane, ma deve essere sostenibile. Trekking, cicloturismo, escursionismo vanno integrati con l’economia locale. La valorizzazione del patrimonio naturale, delle filiere artigiane e dell’accoglienza può generare occupazione e contrastare lo spopolamento. I Consorzi BIM, in collaborazione con enti e operatori locali, possono sostenere strategie integrate in cui turismo, ambiente e innovazione tecnologica lavorino insieme per un nuovo modello di sviluppo”.
Cambiamento climatico e ghiacciai: che impatto ha sul sistema idrico montano?
“Gli effetti sono evidenti: i ghiacciai italiani stanno rapidamente scomparendo, con conseguenze gravi sulla regolazione delle portate. Alterniamo periodi di scarsità idrica a piene improvvise. Questo compromette l’equilibrio dell’intero sistema idrico nazionale, soprattutto nei mesi estivi. Per FederBIM, è indispensabile rafforzare il monitoraggio, investire in infrastrutture resilienti, e adottare un approccio di adattamento continuo ai cambiamenti in corso. Le aree montane sono in prima linea in questa sfida: è lì che si gioca una parte decisiva della sicurezza idrica del Paese”.
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