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14 luglio 1789: la Rivoluzione francese tra sangue, caos e persecuzione religiosa

Una data da ricordare. Non solo per ciò che prometteva, ma anche - e soprattutto - per ciò che realmente produsse.

di Anna Tortora -


La Rivoluzione francese tra sangue e caos. «Il sommo e il più pazzo delitto di quella rivoluzione» scriveva Cesare Balbo, riferendosi all’uccisione di Luigi XVI. E definiva l’intera Rivoluzione Francese come «antiliberale e anticivile». Un giudizio severo, ma che trova conferma nella brutalità degli eventi che seguirono quella famosa giornata del 14 luglio 1789. La presa della Bastiglia, spesso celebrata come simbolo di libertà e progresso, fu in realtà l’inizio di un’epoca dominata dal terrore, dal fanatismo ideologico e da una furia anticristiana senza precedenti.

Una rivoluzione di sangue

La Rivoluzione Francese, nata sotto gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, si trasformò rapidamente in un’esperienza di violenza incontrollata. Le fasi iniziali di riforma lasciarono il posto a un’escalation di odio e vendetta, culminata nel cosiddetto Terrore, guidato da Robespierre e dai giacobini.

Tra il 1793 e il 1794, la ghigliottina divenne il nuovo altare della rivoluzione. Nobili, monarchici, moderati, religiosi, persino rivoluzionari accusati di scarso zelo furono decapitati senza processo equo. Il popolo, che avrebbe dovuto essere liberato, si trovò soggetto a una nuova tirannide, ideologica e totalitaria.

L’attacco alla Chiesa

Uno degli aspetti più oscuri e spesso sottovalutati della Rivoluzione Francese fu la sua feroce ostilità verso la religione cattolica. I rivoluzionari non si limitarono a limitare il potere della Chiesa: ne fecero un nemico da distruggere.

Le proprietà ecclesiastiche furono confiscate. I conventi e i monasteri furono chiusi. Il clero fu perseguitato, costretto a giurare fedeltà alla nuova Costituzione civile del clero, pena l’esilio, la prigione o la morte. Migliaia di sacerdoti furono deportati o giustiziati.

Le chiese furono profanate, i simboli religiosi distrutti, le funzioni religiose proibite.

Si cercò persino di abolire il cristianesimo, sostituendolo con culti razionalistici come il Culto dell’Essere Supremo o quello della Dea Ragione.

In Vandea, la regione cattolica e monarchica per eccellenza, la rivolta del popolo contro la Repubblica fu repressa con un livello di ferocia tale da essere considerato da alcuni storici uno dei primi atti di genocidio moderno.

Il paradosso della libertà

È qui che il giudizio di Balbo acquista forza: una rivoluzione che si proclamava liberatrice, finì per instaurare una dittatura ideologica e sanguinaria. Una rivoluzione che si diceva laica, divenne militantemente anticristiana. Una rivoluzione che pretendeva di difendere il popolo, finì per massacrarlo quando si oppose al nuovo ordine imposto da Parigi.

Il 14 luglio non fu dunque solo l’inizio della fine dell’ancien régime, ma anche l’alba di una nuova forma di assolutismo, meno visibile e più subdola: quella della ragione usata come arma, dell’ideologia come giustificazione del crimine.

Una lezione dimenticata

A più di due secoli di distanza, la Rivoluzione Francese continua a essere oggetto di celebrazione nei manuali scolastici e nelle commemorazioni ufficiali. Ma raramente si ricordano i suoi lati più oscuri: la repressione, le esecuzioni, le persecuzioni religiose, il clima di sospetto e delazione, la cancellazione culturale.

Eppure, una lettura onesta della storia dovrebbe includere tutto: anche le ombre. Perché non vi può essere vera libertà laddove si tagliano le teste in nome della virtù. E non vi può essere vera civiltà se si perseguita la fede in nome del progresso.

Il 14 luglio, dunque, è una data da ricordare. Non solo per ciò che prometteva, ma anche – e soprattutto – per ciò che realmente produsse.


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