Editoriale

Trump imprevedibile ma fino a un certo punto

di Adolfo Spezzaferro -


Sì, è vero: ci siamo sbagliati. Dopo aver scritto per mesi che le mosse e le decisioni di Donald Trump non erano affatto inedite o sorprendenti, visto che tutto quello che stava facendo lo aveva promesso in campagna elettorale, da un certo punto in poi il presidente Usa ha sparigliato le carte, diventando imprevedibile.

Sul fronte delle guerre, lui che aveva promesso di farle finire in 24 ore, ne ha fatta pure una – lampo – bombardando l’Iran. Altro che pace, dunque, visto che sta continuando ad armare Zelensky prolungando il conflitto russo-ucraino (e pure qui, prima aveva detto stop alle armi e poi invece gli ha dato i Patriot). Ma è sul fronte dei dazi che ha inscenato un vero e proprio stillicidio, creando hype con le lettere indirizzate ai vari Paesi a cui infliggere la sua guerra commerciale.

I dazi come arma politica più che, banalmente, strumento per speculare in borsa ed arricchirsi lui e i suoi sodali. Però attenzione, Trump non è né pazzo né un cane totalmente sciolto che non deve rendere conto a nessuno, e lo si vede bene rispetto all’alleato storico in Medioriente, ossia Israele.

The Donald è soprattutto il comandante in capo della prima potenza militare mondiale. Ma gli Usa sono anche il braccio politico della finanza globale dominante. La chiave sta qui: i suoi finti dietrofront, i tentennamenti – dazi sì, dazi no – è tutto calcolato. Ma l’imprevedibilità – il quando e come – è puro esercizio di potere. A chi dice che è un tattico senza strategia ricordiamo che il suo obiettivo finale è “rendere di nuovo grande l’America”. Tutte le sue mosse vanno in un’unica direzione: “prima l’America”. Sta cercando di far ripartire la produzione interna senza danneggiare troppo gli interessi della finanza speculativa, indirizzandoli sull’economia reale. Al contempo tiene sempre presente il bersaglio grande, la Cina.

Il resto è una variabile indipendente, per lui insignificante. Unione europea compresa. Non a caso ci ha inflitto dazi al 30% (con l’obiettivo di trattare da una posizione di forza, ovviamente). Per Trump noi europei non siamo né amici né nemici, siamo ininfluenti. Triste ma vero. Mettiamoci pure che le battaglie – chiamiamole così – di Bruxelles, tipo la follia green e simili, non sono esattamente quelle della Casa Bianca. La guerra, quella vera, poi… dobbiamo pagarcela noi. Comprando le armi americane, of course.


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