Grano duro a picco in Puglia, “Granaio Italia” annaspa
I paradossi di un mercato insidiato dal prodotto estero incontrollato, la piattaforma statale in affanno
In Puglia, tradizionale ma insidiato forziere del settore, il grano duro vive una situazione di grave crisi. Il prezzo scende sotto i 30 euro a quintale, nonostante la qualità sia tra le migliori degli ultimi anni in termini di peso specifico (oltre 84 kg/hl) e contenuto proteico (14–15%). E’ un paradosso pieno: il prodotto è eccellente, ma gli agricoltori non sono retribuiti adeguatamente e molti stanno abbandonando la produzione.
Grano, un mercato in crisi
Il mercato italiano è invaso da massicce importazioni di grano duro da Canada, Turchia, Russia e altri Paesi, che arrivano soprattutto a ridosso del periodo di raccolta nazionale, facendo crollare i prezzi. Nel 2025, solo dal Canada sono arrivate quasi 800mila tonnellate, oltre il doppio rispetto al 2024. Il grano straniero viene spesso coltivato con pratiche vietate in Europa – per esempio il trattamento con glifosato in pre-raccolta in Canada -, ma entra comunque in Italia, contribuendo all’abbassamento dei prezzi e alla concorrenza sleale.
I costi di produzione sono in aumento: energia, fertilizzanti, trasporti costano sempre di più, un ettaro di grano duro costa circa 1.300–1.400 euro a produrre, ma la produzione lorda vendibile è spesso inferiore (1.100 euro/ettaro), rendendo la coltivazione antieconomica.
La produzione è inferiore alle attese (soprattutto a Foggia, dove si produce il 20% del grano duro italiano) a causa della siccità, pur se la qualità resta alta il clima ha comunque ridotto le rese in tutta la regione.
Le organizzazioni agricole chiedono un’intesa sul prezzo (come avviene per il latte), ma al momento mancano strumenti efficaci per stabilizzare il mercato e garantire reddito agli agricoltori.
Granaio Italia stenta a funzionare
Granaio Italia, iniziativa istituzionale introdotta dallo Stato italiano per garantire tracciabilità e trasparenza nella filiera cerealicola nazionale e nelle importazioni, con l’obiettivo di tutelare la produzione italiana e ridurre le distorsioni di mercato legate all’ingresso incontrollato di cereali esteri, stenta a decollare.
Il suo debutto era atteso da tempo. L’introduzione è stata posticipata più volte, dai primi mesi del 2025 a luglio, poi a settembre, infine di nuovo a luglio, alcuni emendamenti proponevano ulteriori slittamenti.
Da questo mese, il sistema sarebbe obbligatorio per tutti gli attori della filiera che superino determinate soglie minime annue di movimentazione, ad esempio, 30 tonnellate per il frumento duro, 80 per il mais. Ma le difficoltà tecniche sono da più parti segnalate: la gestione del software e la semplificazione delle procedure sono state oggetto di critiche e ritardi, generando malcontento nella filiera.
E i report sono trimestrali mentre sul mercato internazionale sono mensili, rendendo meno efficace l’azione di monitoraggio urgente delle scorte e dei flussi.
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